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Orche in Liguria, Maddalena Jahoda: “Hanno percorso 5.200 chilometri dall’Islanda”

Orche in mare

Tra le tantissime notizie che si susseguono di giorno in giorno, forse ai meno attenti è sfuggita la presenza di un gruppo di orche davanti alle coste della Liguria e della prematura scomparsa dell’unico cucciolo che accompagnava il piccolo branco.

Da dove provengono e come sono finite alle porte di Genova? Ne abbiamo parlato con Maddalena Jahoda, ricercatrice presso l’Istituto Tethys e curatrice di una bellissima esperienza in corso all’Acquario Civico di Milano, la mostra interattiva Balene a Milano.

L’intervista di Cecilia Di Lieto a Considera l’Armadillo.

In questo periodo abbiamo una presenza molto particolare nel mar Ligure…

Sì, quella di questo gruppo di orche nel mar Ligure è una storia veramente intensa. Il gruppo si è materializzato a sorpresa nel posto dove meno avremmo pensato di trovarlo, in pieno porto di Genova molto vicino alla costa. Abbiamo potuto ricostruire che queste orche, che sono una specie che normalmente si trova nel Mediterraneo, provengono dall’Atlantico. Sono state viste al largo della Spagna e poi al largo delle Baleari e sono finite, andando a nord, proprio a Genova.
Le stiamo seguendo, ci hanno molto appassionato. Sono quattro adulti e inizialmente c’era anche un cucciolo. Purtroppo ad un certo punto abbiamo visto il cucciolo in difficoltà e poi è morto.
La cosa che ci ha stretto il cuore è che la mamma non lo lasciava andare. Per 4 o 5 giorni lo ha tenuto su con il muso come fanno tutti i delfinidi. La mamma lo ha portato in giro per tutto quel tempo tenendolo su come per farlo respirare, come se non riuscisse a farsene una ragione.
Poi, per quasi un mese, queste orche sono rimaste comunque sempre in questa zona. Ci chiediamo un po’ tutti come mai. Ieri, sempre un po’ a sorpresa, si sono spostate verso Vado Ligure e stamattina non si sono viste. Può sembrare strano detto da me che adoro i cetacei, ma spero di sentire presto che hanno preso il largo e che se ne sono andate.

Speri di non vederle più lì nel Mar Ligure.

Sì, spero di non vederle più così vicine alla costa o dentro ad un porto, perché vorrebbe dire che hanno ripreso la strada di casa. Tra l’altro dei quattro adulti che sono rimasti uno è molto magro e destra qualche preoccupazione. Può essere che stiano così vicini alla costa perché uno di loro non sta bene.

Tra i grandi cetacei l’orca è sicuramente quella considerata tra i più pericolosi, anche a causa di Hollywood che ha fomentato un certo tipo di pregiudizi. Ci puoi dire qualcosa di questo meraviglioso animale?

Ci sono diversi tipi di orca. La brutta fama è dovuta a un tipo di orche che si nutrono di altri mammiferi marini, vanno a caccia di foche, di otarie e a volte anche di delfini o di piccolo di balena. Cacciano in gruppo come i lupi e sono molto organizzate. È la loro specializzazione e all’uomo non piace. Ci sono però altri gruppi di orche che invece si cibano di pesce.

Questo gruppetto di orche arrivato nel Mediterraneo arriva da molto lontano. Come avete fatto a scoprirlo?

Per tutti i cetacei c’è la possibilità di riconoscerli individualmente anche da una foto. Loro hanno una chiazza bianca dietro l’occhio e anche dietro la pinna. Da queste chiazze, che sono come delle impronte digitali, si possono riconoscere gli individui. Tutta la comunità scientifica che si occupa di cetacei si è un po’ mobilitata per capire da dove provengano queste orche. Inizialmente avevamo pensato alla cosa più logica, e cioè che provenissero da un gruppo che vive fuori dallo stretto di Gibilterra, ma poi ci siamo accorti che nel catalogo di questi individui non c’erano.
È saltato fuori pochi giorni fa che provengono dall’Islanda. Alcuni colleghi di un’organizzazione che si chiama Orca Guardians hanno catalogato gli individui, li hanno riconosciuti e ci hanno mandato anche i nomi. Una di chiama Aquamarin, una Dropi e così via. Abbiamo quindi visto che hanno fatto la migrazione più lunga mai documentata per della orche. Hanno fatto qualcosa come 5.200 chilometri.

Mi piacerebbe sottolineare il linguaggio delle orche e dei cetacei più in generale.

I cetacei sono molto acustici, perché sott’acqua il suono viaggia molto bene e molto meglio della luce. Loro comunicano tantissimo con l’acustica, si orientano anche, e soprattutto le orche sono note perché ogni gruppo ha un suo dialetto. Con l’aiuto della Guardia Costiera e di Whale Watch Genova abbiamo anche fatto delle registrazioni e anche dall’acustica abbiamo avuto conferma della loro provenienza. I metodi acustici sono molti utili per studiare i cetacei.

L’Istituto Tethys è un gioiello della ricerca internazionale, voi siete stati tra quelli che hanno gettato le basi della ricerca sui cetacei nel Mediterraneo.

Sì, noi abbiamo cominciato tanti anni fa quando nessuno ci credeva, però per fortuna adesso ci sono dei cambiamenti, c’è molta più attenzione e tantissimi gruppi ci stanno aiutando in questo. Anche il fatto che la Guardia Costiera abbia emanato una direttiva per cui nessuno si poteva avvicinare è il segno che adesso un po’ tutti hanno messo avanti il benessere degli animali. E secondo me questa è una cosa molto importante. Se si vedranno saranno avvicinati solo per motivi di ricerca e in ogni caso si è cercato di disturbarli il meno possibile. Speriamo davvero che questa storia finisca bene.

RIASCOLTA L’INTERVISTA A MADDALENA JAHODA:

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    Ha preso il via in questi giorni un progetto espositivo articolato in dodici episodi nella vetrina di BUILDING in via Monte di Pietà a Milano. "Private Atlas", di Chiara Dynys, è un progetto dal taglio antologico a cura di Alessandro Castiglioni. Per la prima volta BUILDINGBOX dedica una mostra monografica della durata di un anno (dal 15 gennaio 2025 al 6 gennaio 2026) a un’unica artista, Chiara Dynys, proponendo, appunto, dodici diversi allestimenti pensati appositamente per lo spazio espositivo. Tiziana Ricci ha intervistato l'artista.

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