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Tratto dal podcast
Prisma di gio 12/11/20
Europa | 2020-11-12
Riccardo Gatti, capo missione di Open Arms, è intervenuto oggi a Prisma per raccontare il dramma dell’ultima notte di salvataggi nel Mediterraneo centrale, la quasi totale assenza di collaborazione da parte delle autorità e la lunga attesa per un porto sicuro in cui approdare e far sbarcare i 253 migranti attualmente a bordo.
L’intervista di Lorenza Ghidini e Claudio Jampaglia a Prisma.
Abbiamo letto che i soccorsi di ieri sono stati veramente drammatici. Ci racconta questa giornata che si è conclusa con l’ennesimo soccorso?
Sì, purtroppo questa è la realtà di quello che succede nel Mediterraneo centrale. È stato un soccorso drammatico anche dal giorno prima. Noi stavamo cercando questa imbarcazione tra tante altre dalla mattina del giorno prima e l’abbiamo trovata ieri solo perché abbiamo ricevuto l’indicazione da un aereo di Frontex. Una volta che siamo arrivati abbiamo proceduto, come sempre, a mettere in sicurezza le persone e passare loro i salvagente. Mentre stavamo finendo di passare i salvagente si è sfondato il suolo di questa imbarcazione. Da lì un centinaio di persone sono finite in acqua. Potete immaginare cosa vuole dire. Più di cento persone in acqua, due lance da soccorso che hanno a bordo quattro soccorritori. La situazione è diventata subito tragica. Siamo riusciti a soccorrerle tutte. Sei di queste persone sono entrate in arresto cardio-respiratorio. Cinque si sono riprese, ma una non ce l’ha fatta, il piccolo Joseph. Altre cinque le abbiamo trovate annegate fin da subito.
Quando poi abbiamo fatto rotta verso nord per incontrarci con le imbarcazioni e gli elicotteri della Guardia Costiera per procedere alle evacuazioni mediche ci siamo imbattuti in un altro barcone e da lì abbiamo dovuto procedere al soccorso di altre 64 persone.
Come stanno queste persone? E dove vi state dirigendo?
La nottata è passata praticamente quasi senza dormire, stiamo procedendo ancora con il triage e il controllo medico delle persone che non erano in situazione critica. La nottata è stata veramente dura e adesso siamo nelle vicinanze di Lampedusa, fuori dalle acque territoriali. Mezz’ora fa abbiamo richiesto per la seconda volta il porto di sbarco. Adesso abbiamo a bordo 253 persone e cinque cadaveri. Quello del piccolo Joseph è stato evacuato ieri grazie all’aiuto della Guardia Costiera italiana che ringraziamo davvero perché sembrava di essere tornati indietro nel tempo con un livello di appoggio e collaborazione che contraddistingueva tutte le operazioni fino al 2017.
Da parte dei governi continua ad esserci una chiara volontà di non intervenire. Non è cambiato nulla negli ultimi nove mesi?
Ora come ora dire che è cambiato qualcosa è irreale. Sì, ieri per la prima volta da anni c’è stato un cambiamento: un aereo di Frontex ha segnalato. Negli anni quello che era altamente funzionante è scomparso, è stato distrutto. Tutto è iniziato a cambiare quando il Ministro dell’Interno era Minniti ed iniziò a fare degli accordi con la Libia. Da lì, parallelamente alla criminalizzazione delle ONG, è venuto meno questo coordinamento. E adesso come adesso purtroppo non c’è nessuno. Le uniche informazioni, quando arrivano, sono informazioni di Alarm Phone che allerta le autorità competenti e ci mette in copia. Se non fosse così grave si potrebbe dire che è qualcosa di assurdo.
La cosa veramente preoccupante è che le autorità sanno dove sono le imbarcazioni da soccorrere perchè questi assetti sono gli stessi che poi passano le informazioni alla sedicente guardia costiera libica per far sì che vengano intercettate. Questa sorta di respingimenti collettivi per procura è il sistema che si è portato avanti in questi giorni. Stranamente ieri un assetto di Frontex ha fatto quello che dovrebbe fare per obbligo normativo: allertare l’imbarcazione più vicina che può dedicarsi al soccorso in mare.
(Potete ascoltare l’intervista a partire dal minuto 4)
Foto dalla pagina Facebook di Open Arms