Nessuno ha creduto alla montatura delle autorità egiziane sulla morte di Giulio Regeni. La versione secondo cui sarebbe stato rapito e ucciso da una banda di criminali comuni non sta in piedi. Il regime di Al Sisi pensava che l’opinione pubblica italiana potesse accettarla? Probabilmente, no. E’così smaccatamente falsa che nessuno avrebbe potuto dargli credito.
Ma allora perché è stata proposta? Qui si possono fare solo supposizioni. La prima: il regime egiziano ha voluto saggiare le reazioni italiane, e in particolare quelle del governo, piuttosto timide in questo caso. Un sorta di grande prova generale per quando verrà fornita una nuova versione di comodo, più verosimile, ma non meno lontana dalla verità. Quella sarà la verità che Al Sisi ha promesso, ma non sarà la verità sull’omicidio Regeni.
La seconda ipotesi, collegata alla prima: con questa versione, le autorità egiziane ci stanno dicendo che l’omicidio di Giulio Regeni rimarrà impunito. Le vere responsabilità – che con sempre maggiore evidenza sono da far risalire al regime stesso – non verranno mai ammesse, con buon pace delle mobilitazione dell’opinione pubblica italiana.
La terza suggestione: la versione fornita è una rivendicazione dell’omicidio Regeni. In tutto quello che abbiamo visto in questi due giorni c’è un solo dato oggettivo. La ricomparsa dei documenti del giovane ricercatore italiano. Sono nelle mani delle autorità egiziane. Da quanto? Perché una banda di criminali comuni avrebbe dovuto tenere con sé i documenti di una persona al centro di uno scomodo caso internazionale?
Ora il governo italiano si faccia sentire. Richiami l’ambasciatore. E’ una questione di dignità nazionale e di rispetto dei diritti umani. Noi vogliamo verità e giustizia per Giulio Regeni. Nulla di più, nulla di meno.