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Tratto dal podcast
Prisma di gio 10/09
Italia | 2020-09-10
Ieri sera migliaia di persone sono scese in strada a Paliano, in provincia di Frosinone, per una fiaccolata in memoria del giovane Willy Monteiro Duarte, il 21enne pestato a morte nella notte tra sabato e domenica a Colleferro, alle porte di Roma, da parte di almeno quattro persone arrestate poche ore dopo per quell’omicidio.
La fiaccolata, a cui hanno preso parte anche i familiari di Willy, è stata organizzata dal Circolo ARCI Montefortino di Artena (Roma). Oggi a Prisma Lorenza Ghidini e Roberto Maggioni hanno intervistato Mino Massimei, presidente del circolo, che ha spiegato ai microfoni di Radio Popolare come in questi giorni si siano fatte delle pericolose semplificazioni sulla complessità della provincia italiana e il contesto in cui è avvenuto l’omicidio di Willy.
Che emozioni e sensazioni hai provato ieri sera?
Quello che è emerso arrivando ieri sera a Paliano è stata sicuramente una grande presenza giovanile. Erano migliaia i ragazzi dai 20 anni in giù che hanno partecipato alla manifestazione. È uno dei dati più belli ed interessanti che si possono mettere in evidenza. C’è stata una risposta di un segmento generazionale molto forte, lo stesso segmento che sta facendo un pellegrinaggio sul luogo dell’omicidio di Willy Monteiro Duarte. Questo omicidio ha squarciato un velo sulla nostra provincia.
Che velo ha squarciato?
Il velo che ha squarciato è quello che si squarcia in qualche modo ogni volta che emerge l’altra faccia della provincia italiana. Non la provincia tranquilla e laboriosa come spesso si racconta, ma un welfare saltato e dinamiche di soggetti e famiglie che vivono legate allo spaccio, un degrado culturale diffuso all’interno della società italiana. Questo dinamica presenti nel nostro comprensorio possono essere ritrovate in molte altre province d’Italia. Questo è il velo che è stato squarciato. L’omicidio di Willy Monteiro Duarte ha colpito nel profondo, ha colpito in un luogo in cui escono ragazzi e un pezzo della nostra gioventù.
Quella stessa gioventù cresciuta nello stesso contesto sociale e culturale che ci hai raccontato.
È l’altra faccia. Ma è qui che sta la tossicità di certe narrazioni mediatiche che non si riescono a superare e raccontare, invece, la complessità di qualsiasi territorio. Chi nel corso degli anni ha sottovalutato certe dinamiche dovrebbe assumersi più delle responsabilità che si stanno assumendo ora: sindaci, forze dell’ordine, forze sociali e associazioni.
Cosa dicevano ieri questi ragazzi?
Trattandosi di una fiaccolata è stato tutto molto silenzioso. C’è stato un momento molto forte e commovente vicino alla casa in cui vivono i genitori di Willy e in cui viveva anche lui, con amici e conoscenti che hanno raccontato la loro amicizia con Willy, le cose che hanno condiviso insieme negli anni. È stato un momento privato e anche pubblico.
Chi sono le persone che hanno partecipato a questo pestaggio?
È chiaro che le persone che hanno commesso l’omicidio hanno subito una fortissima fascinazione verso modelli della criminalità: disprezzo assoluto per la vita che viene da vuoto, consumo di cocaina e tutto il mondo legato allo spaccio di droga, recupero crediti forzoso per spacciatori. Questo è il loro universo. Chi imposta un’analisi che mette in evidenza solo e soltanto l’aspetto razziale o politico compie un errore macroscopico e gravissimo. Cerchiamo di restituire la vita e la complessità di certi territori. Parlare di omicidio politico significa che i quattro appartenevano ad un’organizzazione di carattere politico. E non è questo il caso. L’ideologia politica non ha alcun peso nelle vite di questi soggetti, o se ce l’ha ce lo ha relativo. Certo che il razzismo c’è, ma uno dei corollari del senso comune che queste persone hanno.
(Potete ascoltare l’intervista a partire dal minuto 4)