Ancora nelle scorse settimane la Regione Veneto e il Comitato Olimpico Nazionale Italiano hanno tentato di far realizzare la nuova pista da bob a Cortina per le Olimpiadi invernali del 2026.
Un tentativo irragionevole visti tempi e costi, infatti anche alla seconda gara per la costruzione dell’impianto, a fine settembre, non sono state presentate offerte da parte delle aziende costruttrici.
Già dall’inizio dell’iter istituzionale per i giochi Milano Cortina gli ambientalisti avevano segnalato la poco sostenibilità, anche economica oltre che ecologica, della nuova pista, e avevano proposto l’alternativa della vicina Innsbruck.
Il dossier della candidatura italiana al Comitato Olimpico Internazionale aveva risentito del ritiro di Torino, che avrebbe potuto proporre la pista abbandonata di Cesana, costruita per i giochi del 2006. La decisione avvenne per l’avvicendamento tra il sindaco Piero Fassino del Pd a capo di una giunta di centrosinistra e Chiara Appendino e l’amministrazione monocolore del Movimento 5 Stelle.
Da allora gli ambientalisti non hanno mai smesso di sollevare dubbi, manifestare e proporre l’alternativa Innsbruck, inascoltati. Per altro gli iscritti ufficiali alla federazione bob sono poche decine, situazione analoga per slittino e skeleton che condividono l’uso di questo tipo di pista sportiva.
Poche settimane fa per l’opacità dei rapporti con la società dell’evento olimpico e l’agenzia per le opere gli ambientalisti erano usciti dal tavolo di confronto.
Intanto l’Austria ha riproposto la propria disponibilità, visto che l’impianto è operativo ed è vicino a Veneto e Trentino dove si svolgeranno le gare del 2026 insieme alla Lombardia.
La mancata realizzazione della pista da bob di Cortina probabilmente sarà attribuita agli ambientalisti, ma è invece responsabilità delle istituzioni italiane. Gli ecologisti hanno sempre indicato le criticità nonché un’alternativa ragionevole e sostenibile. Nelle prossime settimane il Coni deciderà una soluzione fuori dall’Italia, ha annunciato il presidente Giovanni Malagò.