L’idea è semplice: prendere ciò che in ambito culinario e commerciale funziona molto bene e rifarlo, ma meglio. Quando per la prima volta si sono interrogati sul successo dei negozi di kebab, a Milano c’erano oltre 300 punti vendita di questo tipo. Un mercato apparentemente saturo. Eppure uno spazio per un’idea, se buona, si poteva ancora trovare.
Già, perché di questi 300 posti di kebab la maggior parte erano e sono molto ma molto simili fra loro. Stessi fornitori, stessa indentica offerta, stesso aspetto del negozio, stessa immagine. Persino i cartelli promozionali sono uguali, essendo spesso l’omaggio del fornitore. Sempre lo stesso, appunto.
Quindi la sfida diventa quella di prendere una formula che funziona, cioè quella del kebab come lo conosciamo, e renderlo originale, diverso. Dando un tocco personale al negozio e anche alle ricette.
Come? Con una squadra vincente.
Gli otto ragazzi che fanno parte dello staff di Nun sono metà uomini e metà donne. Sono italiani e anche stranieri di seconda generazione. Fra loro c’è Medioriente, Europa e Africa. Ci sono economisti, architetti e ovviamente qualcuno che ne capisce di cucina. Insomma, sono una squadra fortissima.
Dopo la solita via crucis burocratica Nun riesce prima ad aprire e poi a espandersi, diventando da punto vendita take-away a luogo dove è possibile fermarsi, sedersi e mangiare. E nel loro futuro, dicono, c’è l’idea di crescere ancora.
Questo è il sito di Nun
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