Il racconto della giornata di venerdì 28 aprile 2023 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Il Presidente della repubblica è costretto a richiamare ancora una volta la politica a svolgere bene i suoi compiti, questa volta il tema è quello del lavoro; alla commemorazione di Sergio Ramelli, Ignazio La russa parla di pacificazione ma glissa sui saluti romani; la guerra civile in Sudan mostra alle telecamere internazionali sono luna piccola parte della sua crudezza; il capo dei mercenari della Wagner ventila la possibilità di sciogliere la brigata, in polemica coi vertici russi; a Milano è stata trovata morta una neonata, il cui piccolo cadavere è stato abbandonato in un cassonetto per abiti usati; Napoli si prepara al primo match-point scudetto.
Lavoro: Mattarella richiama la politica ai dettami della Costituzione
(di Alessandro Braga)
Il tono, come sempre, garbato. Le parole, ferme. Il significato profondo, in filigrana, ma nemmeno troppo, sta tutto in un passaggio. In quel “dobbiamo saper inverare i principi costituzionali nei nuovi modelli produttivi con eguale saldezza”. Che la Costituzione sia il faro dell’agire quotidiano del capo dello Stato non è una novità. Ma guarda caso, nell’ultimo periodo, i suoi richiami ai dettami della nostra Carta sono sempre più frequenti. Non c’è nulla di improvvisato nel discorso di Sergio Mattarella. Così come in occasione del 25 aprile, anche per il Primo Maggio il presidente della Repubblica sceglie con minuziosa precisione i termini da usare. Quel che ne esce è allo stesso tempo una fotografia, a tratti impietosa, della reale condizione del mondo del lavoro in Italia e uno sprone a tutte e tutti per cambiare le cose. C’è la dignità del lavoro nei pensieri di Mattarella, quando dice che “non bisogna arrendersi all’idea che possa esistere il lavoro povero”. Bisogna affermare con forza il carattere del lavoro come primo, elementare, modo costruttivo di redistribuzione del reddito prodotto”. E ancora, un netto No alla precarietà dilagante, per un lavoro che sia “antidoto a discriminazioni e illegalità”. Tutto questo deve essere “assillo per tutti, in primis per le istituzioni”. Istituzioni che non possono accettare le differenze di genere, i tanti (troppi) infortuni sui luoghi di lavoro, le difficoltà per i giovani a trovare un impiego. Quei giovani a cui il presidente fa gli auguri per “un buon concertone”, di festa e di lotta. Ci sta anche un’altra frecciatina, non troppo velata, al governo e ai suoi tentennamenti di fronte a “quella ineguagliabile opportunità che è il Pnrr”. E infine, quel triplice Evviva con cui chiude il suo discorso, da applausi: “Viva il lavoro. Viva il Primo Maggio. Viva la Costituzione”.
La Russa tace sui saluti romani alla commemorazione di Ramelli
(di Michele Migone)
Ignazio La Russa torna a parlare di pacificazione nazionale. Lo fa con delle dichiarazioni a margine della cerimonia in ricordo di Sergio Ramelli che si è tenuta nei giardini dedicati al militante missino. Dopo aver deposto una corona insieme al sindaco Beppe Sala parla con i giornalisti. “La memoria di oggi è una memoria che vuole incitare alla pacificazione che non vuol dire parificazione” – dice il presidente del Senato. Toni meno tranchant rispetto a occasioni passate, ma il concetto è sempre lo stesso: la legittimazione politica del passato e quindi del presente della Destra italiana. Toni che cambiano, diventano infastiditi quando un cronista gli chiede cosa ne pensasse dei saluti romani che si vedono ogni anno alla manifestazione serale per Ramelli. Qui Ignazio La Russa dice: non rispondo, non è una conferenza stampa, smette di parlare, prende e se ne va a fare un foto ricordo accanto a, tra gli altri, il fratello Romano, immortalato qualche mese fa mentre faceva il saluto fascista al funerale di un militante di estrema destra. Qualche istante dopo, dalla piccola folla di fronte, si sente una voce femminile urlare “Viva il 25 aprile” e poi “Fascisti a casa”. E’ una ragazza, sola, in mezzo ai militanti di Fratelli d’Italia. Uno le dice con tono aggressivo di avere rispetto per la memoria di Ramelli. Lei gli risponde che è ebrea e dei congiunti sono stati uccisi dai fascisti. I presenti si innervosiscono perché lei urla ancora uno slogan. I cronisti vedono tutto. Qualcuno dei militanti, dirà la ragazza, la spinge da dietro, qualcuno altro le urla “bastarda”. Il più gentile la invita a farsi fare l’orlo dei pantaloni dalla Schlein. Una poliziotta l’accompagna fuori dai giardini, altri due la identificano, poi la lasciano andare. Finito tutto ci dice che è a causa della sorte dei suoi congiunti che ogni volta che vede La Russa non riesce a stare zitta.
Sudan: un Paese abbandonato a se stesso
(di Emanuele Valenti)
L’evacuazione dei cittadini e dei diplomatici stranieri dal Sudan in questi giorni e, ancora, in queste ore, sono in qualche modo il simbolo di un Paese che la comunità internazionale sta abbandonando a se stesso. In realtà alcune zone del Paese sono lasciate a e stesse già da molto tempo. Lo dimostra molto bene purtroppo quel che sta succedendo in Darfur, zona occidentale del Paese.
Questa settimana le violenze tra le diverse comunità hanno causato secondo le Nazioni Unte almeno cento morti, mentre la fuga di massa da due carceri ha aggiunto confusione a una situazione già molto caotica. E’ successo lo stesso a Karthoum.
Ad Al Jenina un grosso ospedale supportato da Medici Senza Frontiere è stato saccheggiato più volte. E’ successo lo stesso con Banche e mercati. Situazione simile per gli uffici delle Nazioni Unite. Le agenzie umanitarie non riescono a distribuire gli aiuti in un paese dove già prima di questa crisi un terzo della popolazione dipendeva dal supporto internazionale. Gli scontri in Darfur, che gli analisti dicono essere purtroppo prevedibili a quasi 20 anni dalle atrocità in cui morirono centinaia di migliaia di persone, confermano lo stato di un paese abbandonato a se stesso. Se ci pensate bene, anche tutte le immagini che vediamo e chi ci arrivano dal Sud, sono quasi sempre quelle di Karthoum la capitale: sul Darfur non ci sono camere o telecamere accese. E ricordiamo che tra i protagonisti dei massacri in Darfur – tra il 2003 e il 2005 – c’è anche Emeti, oggi a capo delle forze paramilitari di intervento rapido. In un Paese dove le zone grigie, nere, dimenticate sono moltissime. Basti pensare alle tante miniere d’oro illegali con le quali si sono arricchiti proprio i signori della guerra.
Anche la brigata Wagner è certa dell’imminente controffensiva ucraina
L’esercito ucraino è pronto per una controffensiva che sarà lanciata entro il 15 maggio. Lo sostiene il capo della Wagner, Prigozhin, in un’intervista. “L’esercito ucraino è pronto per la controffensiva. È stato ostacolato dal maltempo e, forse, da alcuni problemi interni che ha dovuto risolvere”, ha detto Prigozhin. “L’offensiva inizierà al 100% prima del 15 maggio”.
C’è un’altra frase di Prighozin che i media internazionali stanno riprendendo in queste ore: “La Wagner potrebbe presto cessare di esistere”.
Nel corso della guerra in Ucraina, Prigozhin ha a più riprese criticato il modo in cui Mosca sta conducendo le operazioni militari, accusando i vertici dell’esercito russo di tradimento per il mancato sostegno ai suoi uomini, attualmente alla guida della campagna di conquista di Bakhmut.
Neonata trovata morta in un cassonetto per vestiti usati a Milano
A Milano, nel quartiere Città Studi, è stata ritrovata ieri sera in un cassonetto per i vestiti usati della Caritas, una neonata purtroppo deceduta; secondo le prime ricostruzioni degli inquirenti sarebbe stato un cittadino della zona a notare il fagotto avvolto in una felpa e adagiato nello spazio dove si depositano gli indumenti, a dare l’allarme. Quando sono intervenute le volanti della polizia la piccola era già morta ora l’autopsia dovrà stabilire se era viva o meno quando è stata abbandonata e da quante ore fosse nata. E’ il secondo caso di neonato abbandonato a Milano, a Pasqua il piccolo Enea era stato depositato nella ruota degli esposti della clinica Mangiagalli dove si può anche partorire in anonimato, cinque i casi nell’ultimo anno.
A Napoli sale la febbre per lo scudetto
Napoli si prepara a festeggiare lo scudetto. La città è già in festa ma domani la gioia potrebbe esplodere nella festa per il terzo titolo tricolore. Dipende dai risultati delle partite di domani: alle 12.30 c’è Inter-Lazio. Alle 15 il Napoli gioca in casa contro la Salernitana. Una vittoria degli azzurri e un pareggio o una sconfitta dei laziali e sarà scudetto, 33 anni dopo quello con Maradona.
La città è in fermento, tra organizzazione della sicurezza e l’entusiasmo alle stelle.
Sentiamo da Napoli il giornalista di FanPage Ciro Pellegrino