“La legge “anti-burkini” non fa altro che erigere muri e steccati anche di tipo psicologico alimentando populismi e nazionalismi”. Ne è convinto Paolo Branca studioso di Islam e docente di storia delle religioni alla Cattolica di Milano. Abbiamo chiesto al professor Branca un’opinione sul dibattito e le polemiche in Francia dopo la decisione del Consiglio di Stato di sospendere le ordinanze adottate da una trentina di Comuni.
Come giudica il pronunciamento del Consiglio di Stato e le polemiche in corso?
“Una decisione sicuramente saggia e condivisibile. Non credo infatti sia espressione di una grande civiltà giuridica stabilire per legge come la gente si debba vestire. Ci sono altri modi come l’educazione ad esempio, il convincimento delle persone. D’altra parte il burkini non impedisce il riconoscimento della persona quindi anche le presunte ragioni di sicurezza sono infondate”.
Perché quindi iniziative di questo genere?
“Purtroppo queste sono tutte campagne di tipo simbolico, in cui cadiamo sempre più spesso proprio a causa della globalizzazione. Noi pensavamo che la globalizzazione avrebbe diluito le identità invece sta succedendo esattamente l’opposto”.
Con quali conseguenze?
“Quelle di erigere dei muri anche di tipo piscologico, di vedere un noi contrapposto ad un loro. Purtroppo lo abbiamo già visto in Europa con movimenti populisti di stampo nazionalista o con localismi esasperati come da noi in Italia. Creare tutti questi steccati non serve, rende a tutti la vita più complicata. Bisognerebbe iniziare ad ascoltare veramente che ci sta attorno”.