Forse nei giorni successivi allo scorso Natale vi siete imbattuti, almeno sui social network, in una parola strana, incomprensibile, difficilmente pronunciabile: Bandersnatch. È il titolo di una puntata della serie Black Mirror, una celebre produzione inglese antologica per episodio (ogni puntata, cioè, è totalmente scollegata dalle precedenti, racconta una nuova storia con nuovi attori, come la classica Ai confini della realtà, che di Black Mirror è anche la principale ispirazione); ma Bandersnatch è un episodio molto speciale, pubblicato durante le feste natalizie a sorpresa su Netflix (che da qualche anno ha soffiato Black Mirror al suo canale originario, il britannico Channel 4) e diventato subito virale.
Bandersnatch è speciale soprattutto perché è un episodio interattivo: ogni cinque minuti circa (o giù di lì) allo spettatore è offerta la possibilità di compiere una decisione per il protagonista, scegliendo tra due opzioni che compaiono nel bordo inferiore dello schermo, e di indirizzare così la storia in una direzione piuttosto che in un’altra. Si parte da una scelta banale come quella sul tipo di cereali da mangiare a colazione, si passa a chiedere se accettare o meno un lavoro, o provare o meno una determinata droga, e via via fino a decisioni decisamente più surreali, inquietanti, paradossali, com’è nello stile disturbante di Black Mirror. La struttura è quella di una storia a bivi (come quelle a fumetti di Topolino oppure come i libri-game), ma in versione televisiva e con molte più combinazioni, tanto che provare a percorrere da soli ogni singola diversa versione della storia è praticamente impossibile.
Volendo, lo spettatore può anche scegliere di non scegliere, e seguire la storia come una normale puntata, ma perdendo gran parte del divertimento di Bandersnatch, e anche del suo senso: la vicenda raccontata è esplicitamente autoriflessiva, visto che il protagonista è uno sviluppatore di videogiochi che sta inventando un gioco a bivi chiamato proprio Bandersnatch. A livello narrativo l’esperimento non è riuscitissimo, ma a livello tecnologico è molto interessante, soprattutto per la fluidità con cui porta lo spettatore a interagire con lo schermo e con il contenuto.
Non è nemmeno la prima volta che Netflix ci prova: nell’area KIDS ci sono già alcuni cartoon per bambini che si collocano a metà strada tra serie tv e videogioco. E non è certo l’ultima: visto il successo di Bandersnatch (pare che ben il 94% degli utenti abbia interagito col contenuto, guardandolo e riguardandolo in cerca dei diversi finali), dal 10 aprile su Netflix arriva un nuovo esperimento, intitolato You vs Wild. Questa volta non è una serie di finzione, ma una versione interattiva di Man vs Wild, la docuserie in cui il guru irlandese dell’avventura, lo scalatore Bear Grylls, illustra come sopravvivere in situazioni naturali estreme. Guardando You vs Wild lo spettatore potrà suggerire a Bear Grylls cosa fare, e osservare gli effetti delle sue scelte.
“Non siamo più in competizione con il cinema, ma con la playstation” pare abbia dichiarato Ted Sarandos, il capo dei contenuti di Netflix: in un panorama televisivo in rapida trasformazione, e con l’imminente arrivo di nuovi imponenti attori nel mercato dello streaming, come Disney e Apple, il gioco si fa duro per tutti. E, come in quello dei troni, si vince o si muore: solo che a giocare questa volta siamo anche noi spettatori.
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