Ottobre è stato un mese record per quanto riguarda gli sbarchi di migranti in Europa. I media ne parlano meno rispetto ai mesi scorsi, ma le traversate del Mediterraneo continuano e le vittime non smettono di aumentare. Il calo dell’attenzione mediatica allenta la pressione sui politici che devono dare risposte e la situazione rischia di peggiorare con l’inverno.
“Nelle ultime settimane ci sono stati naufragi quasi ogni giorno”, ci dice Carlotta Sami, portavoce per il sud Europa dell’agenzia Onu per i rifugiati.
Qual è la situazione al momento?
C’è un flusso continuo soprattutto verso le isole greche, soprattutto di persone che scappano da paesi in guerra o fortemente insicuri come Siria, Iraq e Afghanistan. Da inizio anno gli arrivi in Europa attraverso il Mediterraneo sono stati oltre 770mila, di cui oltre 600mila in Grecia, gli altri in Italia.
Nelle ultime settimane i media si sono occupati meno dei migranti. Perché?
Solo a ottobre nel nostro continente sono entrate 216mila persone, un numero uguale a quello di tutto il 2014. I trend dell’attenzione giornalistica su questa tragedia sono una triste realtà. D’inverno normalmente i media seguono meno il problema perché si pensa che questi flussi siano caratteristici dell’estate. Non è così: 5mila persone continuano ad arrivare ogni giorno e pensiamo che la cosa possa proseguire, portando almeno altri 600mila rifugiati in Europa entro febbraio. Il fatto che si avvicini l’inverno ci fa temere morti non solo in mare ma anche a terra, come è successo già l’anno scorso sulla rotta balcanica.
Cosa bisognerebbe fare subito?
I centri di accoglienza. A Bruxelles è stato deciso di creare 100mila posti in strutture in ex Jugoslavia: questo è l’aspetto più urgente. In questi mesi noi abbiamo lavorato instancabilmente in Grecia, Serbia e Croazia. Abbiamo portato tonnellate di beni di prima necessità, ma è inconcepibile che questo continui in un territorio come quello europeo, dove ci sono risorse e responsabilità molto chiare.
Il fatto che i media siano distratti fa pensare che i politici non saranno molto stimolati a prendere provvedimenti concreti…
Purtroppo l’attenzione continuerà a calare. La morte del piccolo Aylan ha fatto il giro del mondo: da allora sicuramente sono morti più di 80 bambini come lui. Noi continuiamo a fare pressione per ottenere soluzioni, perché la prossima notizia potrebbe essere quella di bimbi morti di freddo in un campo della Croazia o della Serbia.
Ascolta l’intervista a Carlotta Sami