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Monopattini elettrici, la soluzione è la “città a 30 all’ora”

Monopattini elettrici

Nella puntata di lunedì 21 settembre Prisma ha ospitato l’ingegnere dei trasporti e amministratore delegato di Polinomia Alfredo Drufuca per tornare sulla questione dei monopattini elettrici. Una tematica spinosa quella della convivenza tra tutte le diverse modalità di trasporto in una città come Milano. Auto, biciclette, monopattini e pedoni, che sono poi i soggetti più deboli in tutta questa catena. Si è partiti da un dato: quello dei 150 incidenti con monopattini da giugno a settembre nella sola città di Milano. Sinistri a cui vanno aggiunti quelli fatti con le automobili, che sono stati 455. Intervista di Lorenza Ghedini e Roberto Maggioni.

Ingegner Drufuca quali sono, secondo lei, gli interventi che servono per muoversi tutti in sicurezza?

Allora devo innanzitutto dire che sono ben contento che si parli di sicurezza sulle strade perché adesso con la storia dei monopattini il tema risulta emergenziale. Di emergenziale in realtà non c’è nulla. Se il monopattino ha 1 ferito al giorno il dato non è poi così grave. Viviamo in una città che di feriti, in tema di mobilità, ne fa almeno 30 al giorno e siamo migliorati. Quindi, non è che prima dell’avvento dei monopattini elettrici vivessimo in una città dei sogni. No, facevamo lo stesso incidenti e ancora il numero dei morti, in un anno, è vicino ai 50. Non vivevamo, dunque, nell’Eden della sicurezza stradale. Questa è la doverosa premessa. Benissimo che si parli di problemi legati alla circolazione dei monopattini elettrici, che necessariamente ci sono. Ma è giunto, anche, il momento di cominciare a parlare della sicurezza in generale. Perché nella statistica dei 151 incidenti con monopattino e dei 455 con auto, ci sono pure i 260 feriti tra i pedoni e i 230 tra i ciclisti nello stesso periodo. E si tratta delle due categorie più “incolpevoli” in questa catena di “civile massacro” reciproco. Quindi abbiamo ancora un problema molto grave di sicurezza nella mobilità cittadina.

La soluzione? Allora sicuramente esiste un problema specifico legato al mezzo monopattino. Non ci sono dubbi. Effettivamente per come lo vediamo circolare in città si capisce che è un mezzo, al momento, privo di regole. Questo perché il monopattino è un mezzo a metà, nella facilità d’uso, tra l’andare a piedi e usare un veicolo in senso proprio. Le norme sono arrivate in ritardo e c’è sicuramente bisogno di un’educazione all’uso di questo mezzo. C’è poi un problema legato alla normativa. In Italia il monopattino è stato ammesso con una velocità massima che, a mio avviso, è eccessiva: 25 km/h sono molto di più di quello che normalmente fa un ciclista in città, che si muove a 18 km/h come media. Questo problema non è solo italiano però, ma coinvolge anche altri paesi. Abbiamo quindi introdotto un veicolo che ha aumentato il disordine in città. La Svizzera, ad esempio, forse meno sotto pressione rispetto alle aziende che producono questi mezzi, ha adottato una velocità massima più bassa: 20 km/h. Adesso ci si aspetta che siano i Comuni con la potestà sindacale a risolvere questo “errore” normativo e a ridurre la velocità di questi veicoli. Detto questo l’avvento del monopattino, come dicevo all’inizio, deve porre nei confronti di tutti i mezzi una questione di sicurezza. A nulla serve una campagna d’odio esclusivamente rivolta al monopattino. È necessaria da parte di tutti gli utenti del suolo pubblico una moderazione dei propri comportamenti.

Quindi professore quali provvedimenti, oltre alla riduzione della velocità massima, lei ritiene necessari?

Abbassare la velocità è una questione primaria, ma non solo per i monopattini elettrici ma per tutti i mezzi meccanizzati che circolano nelle nostre città. Le cosiddette “città a 30 all’ora” sono il primo tassello per una ri-civilizzazione delle nostre strade. I 50 km/h sono ormai una velocità incompatibile con la sicurezza e l’uso promiscuo dello spazio pubblico. Non è più una velocità che consente a un pedone di stare vicino a un mezzo meccanizzato che pesa una tonnellata. Si tratta di un problema fisico: dobbiamo tutti andare più piano nelle città perché le città sono un luogo dell’uso promiscuo dello spazio. Naturalmente potranno essere sottratte da questa regola alcune grandi arterie cittadine, per carità. Non si parla di 30 all’ora in tangenziale. Ma nei centri cittadini, dove ci sono pedoni che circolano, soprattutto anziani, i bambini, i ciclisti, i monopattinisti, la velocità delle auto non può essere quella che è stata finora. In attesa che poi le auto diventino automatiche.

Noi, adesso, abbiamo una grossa novità normativa che io spero non ingeneri altre levate di scudi, anche se l’Aci si è già mossa in tal senso per una battaglia di retroguardia. In ambito urbano sarà possibile reinstallare le telecamere di controllo della velocità. Cosa che, incredibilmente, era vietata fino all’ultimo Decreto “rilancio” approvato nei giorni scorsi. Tutto il mondo va in questo senso ormai ed è giunta l’ora di smettere di ammazzare le persone per nulla. Non ha nessun senso rischiare di morire perché si va a fare la spesa o si accompagna un bambino a scuola o si va a lavorare. Che senso ha? Nessuno.

(dal minuto 52’30” del podcast)

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