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“Io sono e morirò uomo di sinistra”: Moni Ovadia tra l’incarico a Ferrara e l’intervista a Libero

Moni Ovadia - Teatro Comunale di Ferrara

In seguito al suo incarico di Direttore Artistico del Teatro Comunale “Claudio Abbado” di Ferrara (su suggerimento di Vittorio Sgarbi e in accordo con la giunta leghista di Ferrara), Moni Ovadia racconta a Radio Popolare il perché abbia scelto di accettare l’incarico e fa chiarezza sull’intervista rilasciata pochi giorni fa a “Libero“.

L’intervista di Ira Rubini a On Stage.

Moni, non sei diventato leghista, questo lo possiamo dire.

Ma certo che no. Sarebbe contrario al mio modo di essere. Io sono e morirò uomo di sinistra, però per me la sinistra ha un’indicazione estremamente specifica: deve avere alcune priorità e una sorta di “Grundnorm”, come diceva Kelsen, quello che fonda una costituzione. L’uguaglianza, la giustizia sociale, la pace, la solidarietà con gli oppressi: questo per me è sinistra. Per esempio io sono stato lasciato quasi solo a difendere i quattro operai della FCA Pomigliano d’Arco, licenziati e poi non riassunti, abbandonati da tutti, anche dal sindacato (verso il quale io comunque mantengo un grande rispetto). Difendo i palestinesi ripetutamente: ho appena sottoscritto il manifesto dei 120 intellettuali palestinesi arabi, preoccupati per l’uso strumentale e scellerato dalla definizione dell’IHRA, dove antisionismo equivale a antisemitismo. Ho dato la mia disponibilità a testimoniare su questa cosa a Milano, per un processo. Non è cambiato nulla in me.

Cosa ti ha spinto ad accettare l’incarico? Mi dicevi che hai già in mente una stagione particolare.

Ho in mente molte cose. Ho accettato perché è sempre stata mia convinzione che un teatrante è un cittadino, e quindi ha le sue opinioni politiche. Può essere attivista e militante come me, ma mai politico, perché uomo che si occupa di cultura deve potere cantarle anche ai suoi, secondo me. Mi hanno chiamato a dirigere un teatro senza nessuna condizione, per chiara fama e naturalmente lo dirigerò come ho diretto Mittelfest.

Dove tra l’altro era successo qualcosa di simile. Anche lì c’era un’amministrazione di destra.

Il sindaco di Cividale, dove si svolgeva, era Attilio Buga, di Forza Italia. Devo lamentevolmente dire che è stato il mio migliore alleato. Quando presentavamo il festival, lui diceva: “Moni Ovadia mi ha fatto ingoiare tutto quello che detesto”. Un imprenditore della pietra mi ha fatto un teatro all’aperto, e io gli ho fatto dal tramonto all’alba delle manifestazioni sul lavoro, sui diritti. Buga allora diceva, anche scherzosamente, “c’è una cosa che Moni Ovadia non mi fa andare giù: quando dice che l’anno prossimo se ne va”. Cosa devo dire di fronte a uno che dice così? Lui mostrava un grande interesse per la sua città, perché le portavo lustro, non se ne fregava delle mie opinioni. Ha dovuto perfino sopportare una conferenza di Gino Strada, che ne ha dette di cotte e crude di tutti gli amministratori. Lui veniva a tutte le conferenze, a tutti gli spettacoli. Ho invitato una grandissima danzatrice cinese a fare una conferenza, Jin Xing, alba nascente, che era un colonnello dell’Esercito Popolare Cinese diventato donna. Lei ha raccontato questa vicenda ed è stata una delle più grandi emozioni della mia vita. Non volava una mosca: c’erano leghisti, Forza Italia, ma tutti tacevano. Io penso di fare a Ferrara quello che so fare, non un programma volantino. Farò dei belli spettacoli, aprirò. Però naturalmente farò come ho sempre fatto, e continuerò nella mia abilitanza, perché sono appena diventato il membro numero 3 dell’equipaggio della nuova nave di Mediterranea, che avrà mille posti e due ospedali. Ho cambiato idee? Sono diventato leghista? Ma neanche per sogno. Mi han detto che a loro non interessa la mia opinione politica, a loro interessa il mio prestigio. Certo che giocheranno la carta dicendo “vedete, a noi non interessa la posizione politica di Moni Ovadia, sappiamo che è un grande uomo di cultura e di teatro e a noi va bene”. Questo hanno detto a me. A loro serve acquistare una credibilità e contrastare l’immagine di essere super rozzi, super questo e quell’altro. Certo che a loro servirà un po’, ma se posso contribuire (nel mio piccolo) a far sì che il centro-destra italiano sia apparente ai migliori centro-destra europei (la Merkel, Chirac), questa cosa francamente non mi dispiace. Dopodiché io rimango comunista. Però non è che non considero essere umano chi non la pensa come me, o la pensa all’opposto di me. Vittorio Sgarbi è un mio amico di vecchissima data, e mai prima di ora mi ha favorito nel darmi qualcosa. Gli è capitata questa occasione e ha lanciato il grande slam. La prima scelta non ero stato io, ma siccome ci son stati problemi ha suggerito me, di chiara fama. E io ho detto va bene, per aiutare il teatro, la cultura italiana, e fare delle cose buone per la città di Ferrara. È sbagliato? Poi vorrei dire una cosa personale. Ho alle spalle 60 anni di militanza nella sinistra, non un giorno, 60 anni. Da quando sono diventato conosciuto, non ho mai avuto il bene di essere chiamato a un confronto sulla cultura, parlando dei partiti. Sono stato invitato a un congresso di SEL, per cui manifestavo una certa simpatia. Però al congresso ho detto “scusate compagni, voi in Lombardia state candidando quello che io ritengo un furfante”. Mi riferivo a Penati. Quando Penati era rubricato nell’area operaista della sinistra io avevo fatto la campagna per lui, per la provincia. Quando si è candidato per la regione, ha espunto ogni traccia di sinistra e faceva l’islamofobo e lo ziganofobo per raschiare voti, per me è come dirmi “sporco ebreo”. La stampa cantava le lodi di Penati, e io ho detto loro che stavano candidando un furfante. Che strano che Nichi abbia governato otto anni e io non abbia fatto uno spettacolo un Puglia.

Torniamo all’intervista di Libero. Ci siamo parlati su alcune delle affermazioni che ti vengono attribuite, ma forse manca qualcosa in quell’intervista.

Mancano molte cose. In questa ora Francesco Specchia ha anche fatto delle sue battute. Lo dico perché lo direi se ci fosse lui in studio. A un certo punto mi ha detto che una volta è stato chiamato al Circolo della Stampa da La Russa per parlare di cultura di destra, e lui ha detto “allora ce la sbrighiamo in cinque minuti”. Lui si è presentato con una grande schiettezza, dichiarandosi con me anche antifascista, in seguito al magistero antifascista di suo nonno. Abbiamo parlato tanto. Di quella cosa che lui ha estrapolato, in realtà questo è quello che stavo dicendo: se un partito di centrodestra riconosce l’indipendenza e l’autonomia della cultura è una cosa buona. Ho detto anche, e questo lo rivendico, che il PD chiama solo i yes man, e ne ho la testimonianza in una situazione dove ho perfino denunciato il teatro. Mi sono candidato a Catania per via curriculare. Mi hanno preferito una teatrante di Genova, che non ha neanche un centesimo del mio curriculum, dopo che il Consiglio d’Amministrazione del teatro mi ha detto che non ci fosse dubbio che fossi il più qualificato. C’era l’amministrazione Bianco allora. Ci sono state lettere e proteste, ma l’unico che ha alzato la voce in Parlamento è stato Vittorio Sgarbi, che ha detto “siete pazzi, avete Moni Ovadia e avete nominato una che non vale neanche il centesimo di lui”. Adesso non voglio offendere Laura Sicignano, la direttrice.

Hai anche detto che, parlando con la giunta, loro sono stati dei signori.

Assolutamente vero, nei miei confronti. Non dico che io condivida la loro politica. Nei miei confronti sono stati dei grandi signori. Io dico la verità.

La citazione di Céline, come è stata messa poi nell’intervista, sembrava una rivalutazione ma in realtà il discorso era su uno dei suoi capolavori.

La mia posizione è questa: Céline ha scritto il più schifoso libello antisemita del ‘900, che sta alla pari con il Mein Kampf di Hitler. Ha seguito i fascisti di Vichy fino alla Germania.

Queste cose però non ci sono nell’intervista.

Io però le ho dette. D’ora in avanti registrerò tutte le mie interviste.

Magari fatti mandare quello che alcuni intervistatori pubblicheranno.

Perché io non ho chiesto a Specchi di mandarmi l’intervista? Credo che le interviste le faccia l’intervistatore. Ho parlato un’ora e mezza di fila, sono un fiume, sono anche fastidioso. Non mi piace chiedere di mandarmi l’intervista. Alcuni mi hanno attaccato anche in modo puramente strumentale. Se uno mi avesse chiamato o scritto una mail e mi avesse detto “Moni, ho letto questa cosa e sono rimasto interdetto”, avrei spiegato e avrei detto “sicuramente ho fatto l’errore. Sono stato sbadato”. La prossima volta manderò la mia registrazione e dopodiché voi direte a Specchi che nella sua intervista mi ha fatto dire cose che non ho detto. O che ha estrapolato in modo strumentale. Dopo 60 anni di quello che sono, forse telefonarmi per chiedermi cosa succede me lo aspettavo. Io non mi lamento, accetto tutte le critiche. Posso aver fatto errori, potrò farli in futuro. Una cosa è sicura: io non potrò mai diventare fascista, più facile che diventi donna. Né potrò prendere posizioni che sono oggi della Lega, perché sostengo che l’accoglienza è alla base di qualsiasi civiltà, dal tempo della Bibbia e dei Greci. Perché ho tenuto botta quando tanti son saltati sul carro di Berlusconi? Me li ricordo quelli che mi davano lezioni di marxismo e leninismo e che poi sono diventati suoi portaborse. Potrei elencarli uno per uno. Perché io non ho mollato mai? Per una ragione. Perché ho qualcosa di più della militanza politica: ho un patto etico dentro, sto dalla parte dell’uguaglianza degli esseri umani, prima di essere diventato marxista. Io ho fatto il patto nel deserto del Sinai. Che gli ebrei abbiano dimenticato quel patto e se lo siano giocato ai dadi è un’altra cosa. Io no.

Un ascoltatore ci dice che nei panni di un giornalista, la propria intervista non la farebbe leggere manco a Obama, e che esiste la rettifica. Ma qui non c’erano errori, sono semplicemente state tolte delle cose.

Esattamente. Quello che dico è che come direttore di un teatro io non mi posso rifiutare di farmi intervistare da tutta la stampa. Adesso però d’ora in avanti registrerò tutte le mie interviste. Se si verificherà una cosa del genere, farò sbobinare la mia intervista e la pubblicherò sulla mia pagina Facebook. Questo non vuol dire che non sia soggetto a critiche: il direttore dell’Istituto Gramsci di Ferrara, per esempio, mi ha scritto di aver detto genericamente di non essere d’accordo con tante cose di Vittorio Sgarbi così da pararsi le chiappe. Cosa dovevo fare, elencare tutte le cose con cui non sono d’accordo? Io Vittorio, glielo dico anche in faccia, lo strangolerei all’interno della televisione. Ciò nondimeno rimane una personalità vivace, molto intelligente, con tutte le sue caratteristiche. Non ho mai condiviso politica con Sgarbi, condivido con Vittorio la passione per la cultura.

Sai già quale sarà il primo spettacolo, quando finalmente potrà andare in scena, del Teatro Abbado di Ferrara.

Noi nel 2021 siamo tenuti a fare il programma che è stato approvato nel 2020, proprio per via del COVID, ed è un programma interessante ma non l’ho fatto io, bensì un’altra persona che è rimasta mio collaboratore. Io aprirò, appena posso, con uno spettacolo di Thomas Bernhard, “Piazza degli Eroi”, per la regia di Roberto Andò.

Foto dalla pagina Facebook del Teatro Comunale di Ferrara

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