Colloquio con Marti Escudero, direttore del Parco Naturale dell’Albufera di Es Grau
Era il 1993 quando l’Unesco ha dichiarato l’isola di Minorca Riserva della Biosfera. Un riconoscimento all’armonia con cui i cittadini minorchini hanno saputo convivere con la natura circostante. Il cuore naturalistico dell’isola è il Parco Naturale dell’Albufera di Es Grau, laguna di acque libere di 67,7 ettari separata dal mare da una barriera di sabbia. La sua profondità, di 1,5 metri di media e le colline terrose che la circondano, la fanno sembrare più un lago che una laguna del litorale. Caratteristiche che determinano il fatto che il suo aspetto paesaggistico sia di grande originalità.
Marti Escudero ne è il direttore, e al Parco ha dedicato gli ultimi 40 anni della sua vita. Escudero è stato uno dei fondatori del GOB, un movimento nato nel 1977 con la mission (mai tradita) di promuovere la difesa dei valori ambientali, l’equilibrio tra le attività umane e la conservazione della natura. “Durante il franchismo – racconta – c’era il progetto di urbanizzare la laguna. Una azienda aveva comprato tre fattorie e voleva trasformarle in chalet”. Questo, ricorda Escudero, ha fatto insorgere la popolazione, che si è opposta con convinzione e determinazione a questo progetto, finché nel 1993 è entrato in vigore il piano di ordinamento sulle risorse naturali ancora oggi in vigore.
Il GOB è ancora fondamentale nell’andamento della vita a Minorca, anche se più burocratizzato e complesso di una volta: “Molti minorchini – spiega Escudero – sono figli di questa organizzazione. Li ha educati, è andata nelle scuole a insegnare il rispetto per l’ambiente. Fisicamente oggi fa poco, ma è essenziale per sensibilizzare e far sentire la comunità minorchina più felice”. Certo, Minorca non è un’isola vergine in stile tropicale, sono due città con più di 30mila abitanti, ci sono aeroporti e la mano dell’uomo è nettamente visibile, ma senza l’intervento del GOB la situazione sarebbe sicuramente più cupa.
Escudero sa bene che il benessere del parco dipende molto anche dal rapporto con quelle persone che in esso vivono e lavorano: “Pescatori, agricoltori e allevatori sfruttano le risorse del parco: ci sono 47 fattorie che producono formaggio e latte, addirittura una che fa mozzarella italiana, non con la bufala ma con mucche frisone”. A Minorca poi è abbondante la pesca dell’aragosta e dei pesci da scoglio, oltre che la coltivazione di grano e verdura, a cui si aggiungono poi aziende turistiche, come quelle che affittano kayak e biciclette ai turisti per girare l’intero parco. Questo triangolo mantiene viva l’economia del parco, sempre nel rispetto dell’ambiente.
“Questo perché non solo l’uomo abita questa zona. Molte sono le piante e gli animali che chiamano il parco di Albufera “casa”. Come la Poseidonia, una pianta oceanica sommersa che sopravvive grazie all’incrocio di acqua dolce e salata che proprio davanti alle coste dell’isola si incontrano. Molti uccelli (oltre 50 specie) vivono sull’isola, a cui si sommando quelle di passaggio, che si fermano per nutrirsi e accoppiarsi. Tutto questo è da difendere in maniera assoluta”.
I cambiamenti climatici, evidenti in tutto il mondo, hanno interessato anche l’isola, come spiega Martin: “Tocchiamo con mano gli effetti della modifica del clima, fondamentalmente in due modi. Prima nelle piogge. Di solito l’estate è secca e in autunno arrivano, ma ultimamente l’estate si sta allungando, creando rischi di siccità. L’altro aspetto riguarda il livello del mare: lo scioglimento dei ghiacci provoca un innalzamento del livello delle acque, con tutte le problematiche annesse per animali e agricoltura”. Sono state create delle strutture di acciaio per provare a controllare questo elemento, ma è chiaro che se questo fenomeno, che è cresciuto di 5 centimetri negli ultimi 20 anni, dovesse continuare, misure come questa non sarebbero più sufficienti.
A Minorca, nel raggio di pochi chilometri, si passa dall’Inghilterra vittoriana del XVIII secolo a un angolo sperduto del Nordafrica, da un paesaggio dolcemente normanno all’asprezza della pietra che si incontra all’interno della Sardegna. Una diversità che genera anche una multiculturalità che può essere riassunta nel sangue degli isolani. “Per esempio io” ci dice Escudero parlando delle sue origini “ sono per il 14% dell’Emilio Romagna, per il 14% della Tracia, in Bulgaria; il 14% francese, il 17% di Madeira in Portogallo. Il mio 3% viene dall’Iraq e lo 0.2% dall’Afghanistan. Poi ho anche uno 0.2% della Papua Nuova Guinea”. L’anima di un popolo che prima di tutto si sente latino e mediterraneo, ci tiene a sottolineare Escudero, determina il fatto che la nostra capitale è si Madrid, ma “anche Roma. Da buoni latini infatti guardiamo anche a questo città, e alla sua storia. Sono un nostro punto di riferimento imprescindibile…”.
Qui l’intervista a Martin Escudero nella puntata di Onde Road su Minorca