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Milano verso le primarie il 7 febbraio

Le primarie di Milano dovrebbero tenersi il 7 febbraio come deciso dai partiti del centrosinistra. Il Pd nazionale si sta avviando a dare il via libera a quanto deciso lunedì sera dalla direzione metropolitana: proseguire con quanto stabilito con le altre forze politiche, ma senza rompere con Roma.

L’autonomia milanese, politica e organizzativa, sta riprendendo spazio in contemporanea all’attivismo del sindaco Giuliano Pisapia. Nelle ultime settimane, e giorni, il primo cittadino ha richiamato tutto il centrosinistra alle proprie responsabilità, “perché l’alternativa non è il Partito della nazione, ma che vinca la destra che ha governato vent’anni”.

Dietro al sostanziale via libera del Pd nazionale ci sarebbe anche il ruolo più attivo del sindaco, più volte chiesto dallo stesso stesso segretario e Presidente del consiglio Matteo Renzi. Il leader è alle prese con i problemi di candidature per le comunali di Roma e Napoli, città a rischio sconfitta per il centrosinistra, e non può permettersi di perdere quelle di Milano, che avrebbero ripercussioni anche sul governo. Per questo più volte in questi mesi ha chiesto a Pisapia, anche dopo l’annuncio di non ricandidatura di marzo, di ripensarci o di indicare un proprio successore.

Il Presidente del consiglio e il sindaco di Milano si sono visti più volte nei mesi scorsi e hanno un accordo politico, oltre agli ovvi rapporti istituzionali. Anche lunedì in pubblico Pisapia, ribadendo il perimetro politico del centrosinistra largo di governo, “no a chi non si prende responsabilità, no al Partito della nazione”, ha avuto parole di stima per Renzi, “non lasciamolo ostaggio del Nuovo Centrodestra” e “quante delle cose che sta facendo questo governo avremmo fatto, se ci fossimo stati noi in quei posti”.

Sullo sfondo rimane il tentativo del primo cittadino di proporre come candidato per le primarie la vicesindaco e assessore al bilancio Francesca Balzani, che finora ha declinato per lasciare serenità nella giunta e per attendere le condizioni. Cresce lievemente anche l’ipotesi che lo stesso Pisapia ci ripensi, togliendo a Renzi e al Partito Democratico non solo il pensiero e la responsabilità di Milano, ma lasciando aperta anche la prospettiva di un centrosinistra largo di governo, in crisi dopo gli abbandoni degli ultimi mesi.

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    Fabio Fimiani
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    E’ stata una giornata di scambi di dichiarazioni all’insegna dell’apertura e della cordialità tra Trump e Putin, sull’Ucraina. Ha iniziato il presidente Usa: “abbiamo avuto delle discussioni molto buone e produttive ieri con Vladimir Putin e ci sono ottime possibilità che questa orribile e sanguinosa guerra possa finalmente giungere alla fine". Gli ha risposto Putin: “Trump sta facendo di tutto per ripristinare i rapporti con noi anche se è un processo non facile per non dire complicato”. Trump poi ha chiesto a Putin di non massacrare i soldati ucraini nel Kursk e Putin ha risposto che gli ucraini nel Kursk devono deporre le armi. Kiev si è fatta sentire affermando che le sue truppe nel Kursk non sono accerchiate. E Zelensky ha accusato Putin di voler boicottare la tregua. Una giornata di parole insomma, in attesa degli sviluppi reali. Gianluca Pastori, professore di relazioni internazionali alla Cattolica di Milano.

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