Il viaggio di migliaia di migranti si è fermato. Dal 21 novembre la Macedonia ha chiuso la porta in faccia a chi cerca dalla Grecia di risalire lungo il corridoio della rotta balcanica: la situazione è ormai ingestibile, come denuncia anche Amnesty International. Non si passa nemmeno dalle frontiere di Serbia e Croazia: ormai l’area dei Balcani è una fortezza inespugnabile. Così, a Gevgelja, il punto più caldo del confine greco-macedone, almeno sei iraniani si sono cuciti la bocca e hanno cominciato uno sciopero della fame.
Anche il Commissario europeo all’allargamento dell’unione Johannes Hahn ha visitato le strutture d’accoglienza della cittadina macedone. Sono iraniani, marocchini, pakistani: non provenire da Siria, Iraq o Afghanistan li rende ospiti sgraditi all’Europa. Sono i primi frutti del giro di vite imposto da Commissione e Consiglio europeo dopo il Summit di Valletta sull’immigrazione, quando Donald Tusk ha dichiarato chiaramente che non ci sarebbe stato spazio per chi non può ottenere lo status di rifugiato. A questo si aggiunge il clima di terrore post Parigi, che ha reintrodotto pesanti dipsositivi di controllo in tutte le frontiere europee.
Eppure, la normativa internazionale sull’asilo prevede che la decisione sulla concessione dell’asilo sia legata alla propria biografia e non alla nazionalità. Ormai è però una prassi molto frequente, anche in Italia.
Ormai la rotta balcanica ha oltrepassato i 580 mila passaggi. Un record che brucia quello dei 170 mila transiti nel Mediterraneo centrale nel 2014. L’obiettivo di chi parte è sempre lo stesso: raggiungere la Germania o la Svezia. Ma l’atteggiamento dell’Europa è sempre più ostile. A guidare il fronte più oltranzista dei Paesi dell’Est Europa è Viktor Orbàn, che in un’intervista a Politico Bruxelles ha dichiarato che “tutti i terroristi sono migranti”. “Il tema – aha aggiunto – è quando sono immigrati in Europa”. Per Orban “concedere l’ingresso a migliaia di persone sconosciute” è di per sé causa di terrorismo. La linea dura alle frontiere è l’unica chiave per “salvare Schengen”, motto guida già citato anche da Tusk.
Ovunque le rotte sono sempre più complicate per i migranti. Nel Sinai, non lontano dal valico di Rafah dal quale si entra nella Striscia di Gaza, il 23 novembre dei soldati egiziani hanno ucciso cinque migranti sudanesi che cercavano di raggiungere Israele. La notizia è stata annunciata in un comunicato stampa ufficiale delle forze armate israeliane. Anche quella via di fuga, ormai, è di fatto preclusa dalla presenza di gruppi armati nella pensiola e dalla chiusura di Israele nei confronti di nuovi ingressi nel Paese.