Pochi si accorgeranno che oggi, 24 ottobre, sono 20 mesi esatti dall’invasione russa in Ucraina e quindi dall’inizio di una guerra che ha cambiato il mondo. Pochi se ne accorgeranno perché nel frattempo di guerra ne è scoppiata un’altra, ma anche per l’imbarazzo verso un conflitto che si trascina in uno stallo infinito, uno stallo che ogni giorno costa centinaia di vittime tra bambini, donne, anziani, civili, soldati. C’è imbarazzo perché lo slogan “fino alla vittoria!”, dopo il fallimento della controffensiva ucraina, appare ormai irrealistico e vuoto – e adesso lo ammettono anche i più tetragoni fra i bellicisti. Nessuno però ha ancora il coraggio di dire che questa guerra l’hanno persa tutti: l’ha persa da tempo Putin, che voleva conquistare tutta l’Ucraina e nemmeno è riuscito a prendersi l’intero Donbass; ma l’ha persa anche l’Ucraina che rivoleva i suoi confini del 1990, Crimea inclusa, e l’ha persa l’Occidente, che sognava un cambio di regime a Mosca e invece ha solo regalato la Russia all’ombrello cinese, sotto il quale peraltro sembra essersi coalizzato il sud globale. Basterebbe questa comune ammissione di sconfitta, questa semplice dose di onestà intellettuale, per capire che è tempo di sedersi a un tavolo e trattare. Perché certo, la Russia da 20 mesi è considerata il nostro nemico, ma vale sempre la frase di Rabin, quando la destra israeliana lo accusava per aver stretto la mano ad Arafat: “Con chi altro potrei fare la pace, se non con il mio nemico?”.
Ucraina, come mettere fine a un conflitto senza vincitori?
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Autore articolo
Alessandro Gilioli