Alla fine l’accordo a destra lo hanno trovato. Come? Dando a Meloni qualche collegio in meno di quelli che chiedeva nella quota maggioritaria, il 44% circa di quelli uninominali invece che il 50% come avrebbe voluto lei.
Il resto verrà spartito tra la Lega, che ne prenderà il 32%, e Forza Italia e centristi a cui rimarrà il resto. A spanne, il 6% di quello che chiedeva Fratelli d’Italia finisce ai centristi.
“Siamo stati generosi avremmo potuto chiedere di più” ha detto lei alla fine. In realtà è un prezzo che paga volentieri perché in cambio Meloni ottiene l’investitura che cercava: la leader è lei. Il Presidente del Consiglio verrà indicato da chi prenderà più voti. Cioè molto probabilmente lei.
Ora il centrodestra deve vincere le elezioni e ancora non si è votato ma anche stavolta Berlusconi e soci -anzi, da oggi si dice Meloni e soci- rispettano una tradizione: litigano ma alla fine un modo per mettersi d’accordo lo trovano. Dall’altra parte invece no, e quando lo si fa, lo si fa con molta fatica e riserve, e anche questa tradizione viene rispettata pure stavolta.
Poi ovviamente non è finita nella coalizione che si sente la vittoria in tasca perché resta da stabilire quali collegi dare a chi, perché non tutti i collegi sono uguali, alcuni sono sicuri altri sono impossibili altri ancora sono difficili.
Ma è chiaro quale sarà l’impronta della coalizione: un’impronta blu con sfumature di nero. Supportata casomai dalla Lega. Lo si è visto ieri alla Camera quando Fratelli d’Italia e Lega hanno guidato una protesta contro un emendamento che concede un permesso di soggiorno a tempo agli immigrati che lavorano come stagionali.
Meloni è corsa in aula a presidiare i lavori. L’emendamento è stato bocciato ma non importa. Si è visto quale sarà l’asse del nuovo eventuale governo di centrodestra. Meloni-Salvini. Forza Italia scomparsa, i centristi che rimangono a fare da soprammobile. A proposito del sacrificio di Meloni sui collegi elettorali.