Frachon è una delle “lanceuses d’alerte” francesi più famose degli ultimi anni. In italiano potremmo chiamarla con il meno suggestivo “segnalatrice di illeciti”. Pneumologa a Brest, è diventata il simbolo dello scandalo sanitario del Mediator: un farmaco venduto per trent’anni dai laboratori Servier come coadiuvante alle diete antidiabetiche, ma utilizzato principalmente come inibitore della fame, e di fatto un derivato dell’anfetamina.
Come un’altra molecola di Servier della stessa famiglia, vietata nel ‘97, ha dei gravi effetti tossici secondari che colpiscono cuore e polmoni. Uno studio francese del 2012 stima che abbia causato più di 1.300 morti e oltre 3.500 ospedalizzazioni. Dei dati che potrebbero essere sottovalutati ma che nel 2021 hanno contribuito alla condanna in primo grado del laboratorio per frode aggravata, omicidio e ferite involontarie e dell’agenzia del farmaco francese per aver fallito nel suo compito di farmacovigilanza.
Il processo, rimandato più volte, è iniziato a dodici anni di distanza dai primi gridi d’allarme lanciati da Irène Frachon e ben cinque anni dopo la morte di Jacques Servier. Il fondatore del gruppo farmaceutico non ha mai dovuto affrontare la sentenza e ha portato con sé nella tomba anche la sua Légion d’Honneur. Per le vittime è una beffa che si aggiunge al danno.
Mentre in questi giorni è iniziato a Parigi il processo di appello al laboratorio, Irène Frachon ha pubblicato un intenso romanzo grafico dedicato a questa storia lunga, dolorosa e intricata. In 200 pagine in francese “Mediator – In crimine chimicamente puro” mescola le vicende personali di Irene e delle vittime di Servier, la lunga inchiesta, sua e di altri colleghi prima e con lei. L’intensa battaglia per togliere dal mercato un veleno travestito da farmaco.
Pensato a quattro mani con l’ex giornalista, oggi giallista, Éric Giacometti, che scrisse del Mediator nelle pagine di Le Parisien, questo fumetto ci trascina anche dietro le quinte dell’industria farmaceutica e della sua storia in Francia. Gli autori hanno voluto farne un “J’accuse!” a carico di Jacques Servier. Della sua gestione aziendale, della sua imprenditorialità fatta di denaro e relazioni – politiche e non solo –, a discapito della salute dei pazienti. Ma hanno anche tracciato il ritratto di una democrazia disfunzionale, dove controllori e controllati vivono fianco a fianco e i soldi dei laboratori comprano, ammorbidiscono o zittiscono chiunque possa bloccare la macchina delle vendite. Compresi quei medici che hanno giurato di esercitare in autonomia e per tutelare i propri pazienti.
Non per nulla, una delle voci narranti del romanzo, che oltre a note e bibliografie precise non lesina sulle spiegazioni di concetti di biologia, chimica e medicina, è lo stesso Ippocrate. Il simbolo della bioetica. Duro, a volte frustrante ma non privo di speranza, il fumetto ricorda anche il ruolo fondamentale dei media nel far venire alla luce questo scandalo, nonostante i tentativi di Servier di farli tacere. E racchiude una sorta di memoriale dei morti e dei malati del Mediator. Un susseguirsi di nomi impressionante, per non dimenticare.
“Mediator – un crime chimiquement pur“, di Irène Frachon ed Éric Giacometti. Disegno e colore di François Duprat e Paul Bona. 200 pagine a colori, Delcourt, 23 euro e 95.