
Mattarella ha celebrato a Genova gli 80 anni della Liberazione perché Genova fu la città europea che si liberò da sola, con il comandante delle truppe tedesche che si arrese a un operaio comunista. Mattarella è venuto a Genova perché il progetto teatrale delle ragazze e dei ragazzi che si dichiarano antifascisti e attualizzano la Costituzione articolo per articolo lo ha entusiasmato.
E il presidente della Repubblica a Genova ha tenuto un discorso di 20 minuti per fare la stessa cosa, attualizzare. E guardare al futuro. Sono due gli allarmi che ha lanciato: il ritirarsi nel privato, la rinuncia alla partecipazione politica; e l’indifferenza al destino degli altri popoli europei. Non ha citato l’Ucraina questa volta, probabilmente per evitare i soliti attacchi da Mosca, e le polemiche, proprio nel giorno in cui arrivano a Roma tanti capi di Stato e di governo per i funerali del Papa. Ma il riferimento è inequivocabile. L’eredità della Resistenza europea è l’unione dei popoli europei e oggi si traduce nella difesa della libertà dei popoli europei, è il discorso di Mattarella. Come i partigiani “lottarono per la libertà dell’Europa da chi pretendeva di sottometterla”, oggi “non si può essere in pace solo per alcuni lasciando guerre fame e sottomissione a altri” ha scandito citando Papa Francesco. E poi c’è il fronte interno. Dove il grande pericolo per la democrazia è la disaffezione alla democrazia che determina una democrazia depotenziata, sminuita dalla non partecipazione. Per questo a Mattarella piacciono questi giovani che a teatro cercano di rendere la Costituzione una cosa di oggi. Alla fine il presidente li saluta, saluta i due partigiani ancora in vita che erano ad ascoltarlo, e se ne va. E in sala restano i ragazzi e il partigiano. Il partigiano seduto, le ragazze e i ragazzi attorno, in piedi, uno seduto a fianco, in un abbraccio. Si sentono tante voci giovani e una sola parola che si ripete: grazie.