Quando parla Mattarella, nalla maggioranza lo temono, tra le opposizioni sperano in lui, come se fosse il leader della coalizione che non c’è. Mattarella parla da un altro piano, per statura morale e per visione politica. Anche stavolta ha dimostrato di essere uno dei pochi adulti nella stanza, e la sua figura contrastava particolarmente con lo spettacolo indecoroso della Lega che ha boicottato il Parlamento per fare un dispetto a Meloni e di Meloni che ha sbraitato contro le opposizioni durante il suo discorso in aula manco fosse ad Atreju. Lei urlava, Mattarella le ha ricordato che chi ricopre un ruolo istituzionale lo deve fare sapendo che le istituzioni sono di tutti. E non possono, di conseguenza, essere manipolate e piegate a interessi di parte. Ma c’è un altro passaggio che è un programma politico: quando Mattarella denuncia il pericolo rappresentato dal concentrarsi di sempre più potere tecnologico e potere politico in pochissime mani. Come non pensare a Elon Musk e a Donald Trump, i due idoli di Giorgia. Non è un discorso moralistico quello di Mattarella. È un discorso precisamente politico. I nostri interessi non sono quelli degli Stati Uniti dominati dall’ideologia trumpiana. I nostri interessi sono quelli della democrazia europea, con i suoi limiti, e del sistema produttivo europeo, con tutti i suoi guai. Meloni forse si illude di diventare davvero “il ponte”, “il tramite” tra Trump e l’Europa. Il suo “interlocutore privilegiato”.
È il limite di ogni pensiero nazionalista o, come va di moda dire oggi, sovranista. Il mio sovranismo si va a schiantare contro il muro di un sovranismo più grande. Il Presidente della Repubblica lo ha ben presente. E lo ha affermato. Non è chiaro se il messaggio sia stato recepito da chi deve comprendere.