Partiamo dalla fine: gli è andata male.
Il Consiglio regionale della Lombardia martedì pomeriggio ha respinto la mozione presentata dalla lista Maroni che avrebbe sdoganato le ronde in tutta la regione. Al momento del voto erano assenti alcuni consiglieri della maggioranza e il provvedimento è stato respinto con i voti contrari di Pd e Patto Civico e l’astensione del Movimento 5 Stelle.
Qualcuno nel centrodestra si è distratto trattenendosi qualche minuto di troppo al bar del Consiglio regionale, la leghista Silvana Santisi Saita per esempio, insieme alla collega di partito Donatella Martinazzoli. “Non ci siamo accorte che era arrivato il momento di votare”, hanno commentato. O forse, come si fa in questi casi, qualcuno ha voluto lanciare un segnale al presidente Maroni su un tema che si pensava morto e sepolto, nello stesso giorno in cui il presidente lombardo veniva bocciato anche sull’utilizzo del Pirellone dopo le polemiche sulla scritta pro Family Day voluta da Maroni sulla facciata del palazzo.
La mozione sulle ronde descrive una regione con gravi problemi di sicurezza per il “dilagare di aggressioni, scippi, molestie, stupri […] anche in luoghi considerati tranquilli”. E chi può vigilare e presidiare il territorio? “Le associazioni di volontariato e i gruppi spontanei di cittadini espressamente costituiti per questi scopi”. Queste associazioni vengono descritte nella mozione come un esempio di “cittadinanza attiva”.
Per sostenere e rendere più facile la vita a queste associazioni la mozione impegnava la giunta a istituire nuove linee guida, una nuova copertura normativa a disposizione dei sindaci. E poi istituire una sorta di registro per riconoscere queste associazioni e facilitare i loro rapporti con le istituzioni.
“La sicurezza è un tema troppo serio per essere strumentalizzato così”, hanno commentato le opposizioni, felici per le defezioni all’interno della maggioranza che hanno fatto fallire il tentativo di regolarizzare e legittimare le ronde. “Abbiamo evitato il riaprirsi di una vecchia ferita nel dibattito pubblico nella Lombardia”, ha commentato Onorio Rosati del Pd.
Nella Bergamasca, a Torre Boldone, dove sono attive da tempo le ronde dei Vot, Volontari osservatori del territorio, si parla di un boicottaggio leghista. La prima firmataria della mozione, Lara Magoni, commenta: “Purtroppo nella maggioranza sono mancati i voti e alcuni consiglieri mi hanno insinuato il dubbio che qualcuno sia uscito di proposito dall’aula”.
Di certo c’è che le ronde sono uno dei grandi amori di Roberto Maroni e da sempre un cavallo di battaglia della Lega Nord. Nei giorni scorsi il leghista Attilio Fontana, sindaco di Varese, ne aveva parlato in un’intervista alla Provincia di Varese. “È un’idea che torna ogni anno e che ci sembra sempre ottima. Ma quando siamo stati noi i primi a suggerirla ci hanno accusato di ogni male. Abbiamo dovuto subire i processi, e questo solo per aver proposto di organizzare gruppi di cittadini pronti a telefonare alle forze dell’ordine ogni qualvolta si fossero accorti che qualcosa non andava”.
Il biennio d’oro delle ronde era stato il 2008-2009, quando Maroni, ai tempi ministro dell’Interno, votò il “pacchetto sicurezza” che sdoganava le ronde, poi semi-bocciate dalla Corte Costituzionale a giugno 2010. I primi mesi di applicazione furono sostanzialmente un flop e con pochi iscritti le ronde non decollarono mai davvero. Tranne che nei desideri di alcuni sindaci leghisti che ciclicamente hanno continuato a proporle. Fino ad oggi, con Maroni che avrebbe voluto riaprire la “stagione della ronda”. Gli è andata male.