L’alba spunta improvvisa. E come d’incanto appaiono le sagome di tre montagne inconfondibili. Il Civetta, una leggenda per chi ama arrampicarsi. Il Pelmo, il più regale tra i Monti Pallidi. E l’Antelao, un Cervino in salsa dolomitica.
Ai piedi della pedana che funge da palco, che come fondale ha le Pale di San Martino, c’è un cespuglio di rododendri. Le acque di un piccolo ruscello sono gelate. E’ l’habitat dove Mari Boine, quando le 6 sono passate da pochi minuti, inizia il suo concerto per Suoni delle Dolomiti, una rassegna che sino al 26 agosto porta la musica tra le vette delle Dolomiti trentine. Dalla musica classica al jazz, dalla world music alla canzone d’autore. Oggi tocca a lei, musicista sami che ama miscelare le tradizioni del suo popolo (indigeni che vivono in un territorio nel nord di Norvegia, Finlandia e Svezia) con il jazz e il rock. Acquisita una notorietà internazionale nel 1985, grazie ad un album inciso per l’etichetta di Peter Gabriel, oggi gira il mondo per ricordare che la globalizzazione crea danni non solo al Sud del mondo.
Per vederla a Col Margherita, in un pianoro a 2560 metri d’altezza, sono arrivate quasi tremila persone. Un migliaio di loro sono salite a piedi dal Passo San Pellegrino (gli altri in funivia). E’ un popolo colorato: giacche a vento e indumenti tecnici brillano sotto il sole dell’alba. La temperatura sale subito di qualche grado, ma qualcuno non rinuncia alla coperta dentro cui si è avvolto. I più pigri restano addirittura rintanati dentro i loro sacchi a pelo. Ad accompagnare Mari Boine un quintetto: il chitarrista sami Roger Ludvingsen, il percussionista norvegese Snorre Bjerck e gli italiani Corrado Bungaro (alla nichel harp e al violino), Giordano Angeli (fiati) e Carlo La Manna (basso).
David Byrne ha scritto che la musica cambia a secondo di dove la si suona. Basta partecipare ad un concerto come questo per capire quanto ha ragione… Dopo una intro Mari intona la sua canzone più famosa: Gula Gula (Ascolta la voce degli antenati), un brano che ha contribuito a lanciare il movimento della world music a livello planetario. Riascoltandolo è inevitabile il rimando alle sonorità dei nativi americani e al concerto di qualche anno fa, sempre per Suoni delle Dolomiti, di John Trudell, il musicista Santee Sioux che, circondato da centinaia di ‘visi pallidi’ incantati, era rimasto estasiato dal fascino dei Monti Pallidi. Una attenzione estatica è quella che attanaglia anche il pubblico di Mari Boine. Qualcuno è assorto in meditazione. Altri ballano. I cani hanno smesso di abbaiare. Mentre Mari e la sua band intonano un brano dedicato a “Brother Eagle”, “un uccello forte come il mio popolo”, la crosta di ghiaccio del ruscello ai piedi del palco inizia a sciogliersi. E l’acqua riprende a scorrere…
Suoni delle Dolomiti 2016
Il concerto di Mari Boine del 16 luglio è stato un’eccezione: tutti gli altri eventi si svolgono nel primo pomeriggio alle 13, nei pressi di rifugi alpini.
Cime, malghe e boschi vengono raggiunti a piedi insieme dal pubblico e dagli stessi musicisti. In cartellone anche un paio di trekking a numero chiuso (il trekking del 23/25 luglio con Mario Brunello è sold out; quello del 31 luglio – 2 agosto dedicato a Fabrizio De Andrè sull’Altopiano della Paganella, con la pianista Rita Marcotulli, il bassista Enzo Pietropaoli, il trombettista Fabrizio Bosso, il sassofonista Javier Girotto e Cristina Donà alla voce, va prenotato telefonando al 347 4944220. Il programma dettagliato di concerti e location su www.isuonidelledolomiti.it