La nomina di Marcello Foa a presidente della Rai risulta così estrema da risultare quasi provocatoria. Eppure è tutto vero.
L’ex allievo di Montanelli, direttore e amministratore delegato del Corriere del Ticino, sovranista, anti europeista, contrario alle unioni omosessuali, sta per diventare il nuovo presidente della Rai. E’ stato scelto dal governo dopo un vertice a quattro, con Conte, Di Maio, Salvini e Tria.
Vicino al leader della Lega, Foa risulta gradito anche ai Cinque stelle per le sue posizioni anti europeiste, anti spread, che lo hanno portato a difendere la candidatura di Savona a ministro dell’economia, bocciata da Mattarella. Ed è per questo che sul Capo dello stato si sono concentrate le critiche del prossimo presidente della Tv pubblica, a lui Foa ha rivolto il termine “disgusto”, oltre ad aver ritwittato alcuni messaggi di insulti verso la sua persona, come quello del leader di Casa Pound Simone Di Stefano che definisce Mattarella blasfemo e ignobile.
L’uso di Twitter e la condivisione di messaggi altrui sembra essere una delle principali occupazioni di Marcello Foa. Sui social si trova di tutto con la sua firma: messaggi omofobi, critiche a Macron, derisioni nei confronti di altri colleghi come Lilli Gruber, fino a diventare un fan di Francesca Totolo, la donna che ha diffuso la notizie falsa delle unghie smaltate di Josepha, ma di tanti altri messaggi contro gli immigrati, che poi si è scoperto essere una collaboratrice della testata online legata a Casa Pound.
Marcello Foa ha iniziato tanti anni fa il mestiere di giornalista imparando da Montanelli al Giornale, negli ultimi anni ha diretto il Corriere del Ticino, avvicinandosi progressivamente alle teorie sovraniste e anti immigrati di Salvini, seguendolo anche nel feeling politico con Putin, di cui è un ammiratore nelle scelte di politica estera. Con Salvini ha presentato l’ultimo suo libro dal titolo eloquente: “Gli stregoni della notizia, come si fabbrica l’informazione al servizio dei governi”.
E’ a lui quindi che dovrebbe essere affidato un ruolo che è sempre stato, almeno nelle regole, di garanzia: la presidenza della Tv pubblica, primo veicolo di informazione e di cultura del paese, da svolgere rispettando il principio del pluralismo.
Un principio che l’esperienza di Foa contraddice, ma che lo stesso Di Maio sembra non aver per nulla a cuore. Uscito da Palazzo Chigi ha riassunto in una frase l’obiettivo del nuovo corso della Rai: “una rivoluzione culturale che manderà fuori dalla Tv raccomandati e parassiti”, un inizio per nulla conciliante e positivo nei confronti dei dipendenti, che Salvini a sua volta traduce affermando che da ora in poi lavoreranno i giornalisti di destra, cioè quelli che con la sinistra sarebbero stati emarginati.
Una sorta di spoil system nell’informazione, praticando quel sistema da sempre combattuto dai Cinque stelle, ma che ora fanno proprio, ovvero la spartizione delle poltrone tra i partiti di governo.
La nomina di Marcello Foa dovrà essere votata dalla commissione di vigilanza Rai con i due terzi dei voti, quindi anche quelli di Forza Italia, visto che il Pd si è detto già contrario. Bisognerà vedere se nei prossimi giorni Berlusconi accetterà il nuovo Presidente, contemporaneamente alle trattative per definire le altre poltrone, quelle delle direzioni dei telegiornali e delle reti Rai