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Tratto dal podcast
Barrilete Cosmico di mer 04/03
Cultura | 2020-03-04
Era il 1984 quando Patrick Bauer, un francese con la passione delle maratone, riuscì a completare per la prima volta in solitaria l’attraversata del Sahara marocchino. Due anni più tardi, nel 1986, veniva organizzata la prima Marathon Des Sables, la maratona del deserto: una gara che ripercorreva le gesta di Bauer. Fin da subito questa corsa, soprannominata “La Leggendaria”, è entrata nel gota delle grandi ultra maratone, diventano un appuntamento da fare almeno una volta nella vita per tutti gli ultra-racers. A rendere ancora più epica la gara, come se non bastasse percorrere 250 chilometri nel deserto, i corridori devono essere autosufficienti dal punto di vista alimentare: questo vuol dire che non ci sono, lungo il percorso, i punti di ristoro come nelle classiche maratone. Ai partecipanti vengono distribuiti solo 9 litri di acqua al giorno, con i quali devono fare tutto: bere, mangiare e, quando possibile, lavarsi. L’alimentazione è tutta a carico dei singoli atleti, che devono portarsi tutti il necessario per mangiare in un zaino. Sono molte le storie che circolano su una gara così estenuante dal punto di vista fisico e mentale; nel 1994 l’italiano Marco Prosperi si perse lungo il percorso: si ritrovò a vagare per il deserto, trovandosi costretto a nutrirsi di pipistrelli e bere la propria urina per sopravvivere. Prosperi fu salvato da un gruppo di pastori nomadi, che lo trovarono e lo riportarono al campo base.
Daniele Barbone fa parte del gruppo di venti italiani che dal 2 aprile prenderanno parte a questa folle gara: durante Barrilete Cosmico ha racconta come si sta preparando in questi ultimi giorni prima della partenza.
“Ho già avuto la possibilità – racconta Daniele – di correre in sette deserti e nella foresta amazzonica; questa gara è considerata la principale, ha un grandissimo fascino perché riesce a portare al massimo l’esperienza sia di vita che di sport”. La Marathon des Sables non fa niente per mettere a proprio agio i corridori, come spiega Daniele: “Noi conosceremo il percorso solo una volta arrivati lì, solo il primo giorno ce lo mostreranno. Da lì poi saranno cinque tappe, tutte di una trentina di chilometri tranne una, che invece sarà come una doppia maratona, con quasi 80 km di percorso”. Si dorme in alcune tende berbere messe a disposizione nei campi base, ma in tappe particolarmente lunghe ognuno è libero di gestire il proprio tempo: chi ci mette 10 ore e chi ce ne mette 30. La preparazione per una gara del genere è curata nei minimi dettagli, dal cibo a ogni oggetto da mettere nello zaino: “Alcuni corridori – dice Daniele – si portano dietro alimenti molto studiati e particolari, di quelli che si usano nelle spedizioni himalayane; io preferisco invece cibi come zuppe e frutta disidratate, che aiutano anche a livello psicologico”. Proprio per sopravvivere e rimanere lucidi a livello mentale in un contesto così inospitale come il deserto, un ruolo fondamentale possono averlo anche i più piccoli oggetti: “Tutti i corridori si portano sempre dietro il così detto Confort Food, ovvero uno sfizio che possa dare conforto in momenti difficili. Io sono indeciso se portarmi una barretta di cioccolato extra fondente, in modo tale che non si sciolga, o un pezzo di pane, che possa darmi un altro genere di carboidrati”.
Barbone ha corso in molti luoghi diversi del mondo, mosso sia dalla passione sia dal voler sensibilizzare, correndo, sugli sprechi ambientali: “Il Sahara è simbolo dei cambiamenti climatici – dice – è un deserto che si sta espandendo in continuazione e così facendo si sta “mangiando” molte zone fertili, che vengono sottratte alla popolazione locale. In una corsa come questa le risorse di cui si può far uso sono limitate, bisogna quindi evitare al massimo ogni spreco. Io spero di poter mandare un messaggio: come io devo stare attento a quello che uso durante la gara, così tutti possono farlo nella vita quotidiana”.
Nonostante la sua anima leggendaria, anche la Marathon des Sables rischia di dover pagare le conseguenze del contagio del Corona Virus: “Noi – dice Daniele – adesso ci stiamo allenando, ovviamente da soli dato che in questo periodo tutti gli eventi sportivi sono sospesi. Ancora non ci hanno comunicato niente, ma temiamo che possano essere messe delle limitazioni sulla provenienza dei corridori. Ovviamente noi speriamo di no”.