La regola del debito. L’Italia si appresta a rispondere alla Commissione europea sulla manovra economica. Tutto lascia pensare che non ci saranno arretramenti e che il governo andrà allo scontro con Bruxelles. Se le previsioni sono azzeccate, l’Italia si troverà sul groppone una procedura di infrazione. Non sarà, però, una procedura per deficit eccessivo. Il punto è decisivo, anche se sulla questione si è fatta un po’ di confusione, a volte per ignoranza, altre perché faceva comodo mischiare le carte.
La procedura “classica” è quella per deficit eccessivo a cui anche l’Italia è stata sottoposta nel 2012. È stata applicata quando il Paese sfora il famoso parametro del 3% nel rapporto tra deficit e prodotto interno lordo. Ma quello che Bruxelles potrebbe aprire questa volta è un contenzioso inedito, nel senso che non è mai stato applicato. Si tratta della procedura per “deficit eccessivo in relazione alla violazione della regola del debito”. È un procedimento aggravato dalla circostanza che il debito pubblico viene considerato troppo alto. Come dire: il problema non è tanto l’oggi quanto il domani. L’Italia infatti non violerà, con la sua manovra economica il 3%.
Come è noto, il deficit per il 2019 è stimato dal governo al 2,4. Qualcuno dice che sarà più alto, ma teniamo per buono quello che dice Palazzo Chigi. Il fatto però è che noi abbiamo un debito, un fardello accumulato negli anni, fuori da ogni parametro accettabile per l’Europa. 132% del prodotto interno lordo. Con questo debito la Commissione chiede che ci siano manovre economiche che lo facciamo pian piano scendere. E questa non lo fa. Quindi potrebbe scattare la procedura per deficit in presenza di un debito eccessivo. Non sono bazzecole. Perché questa seconda procedura, ripetiamo, mai applicata in Europa, è molto più gravosa per chi la subisce.
Era stata concepita proprio in un’ottica di maggiore flessibilità: cioè, non facciamo troppo i fiscali sul deficit annuale, dato che a volta la situazione economica generale può richiedere di farne più del dovuto. Teniamo invece conto del “deficit strutturale”, cioè delle prospettive. Se uno fa troppo deficit ma imposta un lavoro che va poi a ridurre il debito negli anni successivi, la Commissione ne tiene conto. Noi però non lo stiamo facendo. Ecco perché i Commissari hanno parlato di violazione di tutte le regole, con la manovra Tria-Salvini-Di Maio.
La procedura che ora l’Italia rischia rimane in vigore fino a quando il debito non è stato “messo su una traiettoria discendente” in un periodo di tempo in cui il governo è sottoposto a vigilanza e deve dimostrare l’effettiva riduzione del rapporto debito-Pil. Questo si verifica attraverso uno sforzo di aggiustamento fiscale nel quale il paese non può beneficiare dei margini di flessibilità di cui avrebbe fatto uso in passato. La correzione del bilancio pubblico potrebbe durare anni durante i quali la politica del paese sarà sottoposta a una vigilanza europea trimestrale. Una sorta di commissariamento.
Insomma il paradosso è che il governo che vuole meno vincoli da Bruxelles infilerebbe il Paese nei vincoli più rigidi mai sperimentati. Dice Palazzo Chigi: la prossima commissione, dopo le elezioni europee di maggio, sarà più clemente. È tutto da vedere. Il candidato forte dei Popolari è Manfred Weber, sponsorizzato dalla Merkel. Un conservatore per niente tenero con un occhio attento ai sovranisti di Orban e di Kurz. Che a loro volta hanno già dimostrato di non stracciarsi le vesti per il sedicente amico Salvini.