L’Africa risveglia la parte più emotiva di ciascuno di noi, quel primordiale che noi occidentali abbiamo sepolto con il progresso della cosiddetta civiltà. È per questo che l’impatto con l’Africa è sempre traumatico e affascinante allo stesso tempo. Parte da qui il nostro Raffa, con il suo amico e compagno di viaggi Angelo Ferrari, per raccontare le mille storie di questo suo ultimo libro “Mal d’Africa“. Un libro che è il frutto dell’ascolto, più ancora che della volontà di denuncia. Noi occidentali nella migliore delle ipotesi vogliamo denunciare le condizioni di vita, lo sfruttamento delle popolazioni africane e delle risorse naturali ricchissime che stanno sotto la terra su cui camminano. Raffa andava oltre, Raffa ascoltava. Non pretendeva di spiegare, anzi imparava.
Mal d’Africa è un insieme di racconti dei tanti paesi attraversati da lui e da Ferrari, di storie belle o drammatiche ma sempre intense e vive. La triste usanza della Mauritania, dove le bambine vengono fatte ingrassare fino a 100 chili per poi essere date in sposa a uomini che non le vogliono magre, perchè magro vuol dire povero. La spassosa descrizione dei ‘sapeurs’ del Congo, quelli che sanno vestirsi con eleganza, un’eleganza che è l’evoluzione kitsch di quella importata col colonialismo. Signori che vengono pagati per andare a matrimoni e funerali, così che la cerimonia acquisti di prestigio. Le interminabili parabole politiche di dittatori collusi con l’Occidente, chi governava già ai tempi di Reagan e oggi è ancora lì, chi – come Mugabe – ha promesso “Giuro che il mio fantasma vi perseguiterà per sempre”. La interessante analisi sull’estremismo islamico, più che mai attuale dopo il caso di Silvia Romano, e un capitolo sul rischio coronavirus in Africa, che suona tristemente beffardo letto da qui, dove si muore in ospedale mentre si combatte per sopravvivere a un trapianto di cuore.
Ci scuserà di certo Angelo Ferrari se diciamo che questo libro “Mal d’Africa” è Raffaele Masto al suo meglio. Se lo avete ascoltato per radio saprete apprezzarlo.
di Lorenza Ghidini
Leggere “Mal d’Africa” è come fare un viaggio. Un viaggio di quelli che sono resi possibili dalla letteratura che Raffaele amava. Come con “Cuore di tenebra” di Conrad. Il delta del grande fiume, la magia del continente che emerge miglio dopo miglio. La forza e la vitalità e la grandezza e al tempo stesso l’orrore.
Raffaele era capace di pennellare le immagini, con pochi tratti quasi espressionisti. Era capace di coinvolgere, di convincerti che il suo racconto era importante per te, perché ti arricchiva e perché ti offriva nuove opportunità di comprensione, oltre la semplice somma delle informazioni messe una in fila all’altra. La sua scrittura è empatica. Rende partecipi del senso delle cose.
“Mal d’Africa” è un testo politico, dove si descrive con lucidità la crudezza e l’immediatezza dei rapporti di forza che si confrontano e scontrano nel continente. E’ un testo professionale, per gli analisti, per i giornalisti che devono documentarsi su uno scacchiere cruciale per le dinamiche mondiali, per chiunque con l’Africa intenda intrattenere relazioni.
“Mal d’Africa” può essere anche considerato come un libro di formazione. Immagino che finisca nelle mani di un adolescente che si apre al mondo. L’analisi tecnica, la geopolitica, e al tempo stesso le parole che scorrono, ti tengono lì e pagina dopo pagina ti accompagnano in un’avventura al cui termine c’è la scoperta di una consapevolezza: quelle storie, quel mondo e il suo destino, ti riguardano.
“Le genti rispettano il fiume. È il loro dramma, ma anche la loro fonte di sostentamento. Lo sanno troppo bene per violarlo”. Le storie, da quando l’umanità le racconta, servono a tenere acceso il fuoco. In “Mal d’Africa” di Angelo Ferrari e Raffaele Masto, c’è il fuoco di una storia che inizia insieme ai primi passi dell’avventura umana e che al tempo stesso è appena cominciata.
“È questo il mal d’Africa, Raffa?”. Avrei voluto chiederglielo. Mi rendo conto che è una domanda che non gli ho mai fatto
di Luigi Ambrosio
Mal d’Africa, la parola ad Angelo Ferrari
Noi cerchiamo di raccontare l’Africa e di raccontarne anche i drammi e tutte le realtà predatorie che in Africa si muovono, ma anche tutta la vita che pulsa perché questo è l’aspetto più importante che io e Raffa abbiamo cercato di raccontare in questo libro. Nella seconda parte, infatti, raccontiamo un po’ di Paesi e li raccontiamo non solo attraverso dati, numeri e fatti, ma soprattutto attraverso storie. L’Africa continua ad essere, ed è tornata ad essere, un terreno di scontro delle potenze internazionali degli Stati e delle multinazionali che non hanno altro scopo se non quello di depredarne le risorse. E la cosa drammatica, se si vuole considerare qualche numero, è che l’Africa, escludendo i Paesi del Maghreb e il Sudafrica, rappresenta l’1% del Pil mondiale. E tuttavia è una terra ricchissima di risorse minerarie e di materie prime, minerali preziosi e materie che servono a costruire le nostre tecnologie. Quei materiali e quelle risorse in quei luoghi non hanno valore, lo acquistano quando arrivano ad un porto o un aeroporto internazionale e poi quando arrivano in Occidente, però non hanno questa ricaduta sulle popolazioni. Se pensiamo a tutti quei bambini che vengono impiegati nelle miniere di coltan, minerale preziosissimo per la tecnologia: quei bambini sudano ore ed ore al giorno per pochi dollari. Quella materia, che ha un valore enorme per noi, non ha nessun valore dentro quel continente. Per questo credo che sia necessario ribaltare quel paradigma: non può continuare ad essere l’Africa che finanzia le geopolitiche internazionali.