
Un anno fa, quando Norvegia, Irlanda e soprattutto la Spagna di Pedro Sanchez annunciarono il riconoscimento dello stato palestinese, molte voci si levarono in Francia per chiedere a Macron di fare altrettanto. Tutta la gauche, ma anche una parte della destra erede del gollismo, come l’ex primo ministro De Villepin o macronisti di ferro, come l’ex ministro della difesa degli estri Jean-Yves Le Drian.
All’epoca, sei mesi dall’attacco di Hamas ai kibbutz del 7 ottobre e in piena offensiva israeliana su Gaza, il presidente francese considerò che la riconoscenza fatta da Dublino, Oslo e Madrid, aveva, visto il contesto, un valore per così dire umanitario, in solidarietà ai civili di Gaza sotto le bombe. Ma poco o nessun impatto politico e diplomatico, e che l’eventuale riconoscimento dello Stato palestinese da parte della Francia doveva al contrario essere, secondo le sue parole, utile.
Un anno dopo, con Hamas ma anche Hezbollah ridotti, disarticolati e soprattutto con un governo Netanyahu che sbandiera ormai apertamente le proprie vellità di annessione dei territori palestinesi a Gaza, come in Cisgiordania, con l’avallo entusiasta dello zio Trump, per Macron sembra arrivato il momento utile, per non dire urgente, tanto di rinnovare la tradizione filo araba della diplomazia francese che simbolicamente di riconoscere solennemente lo stato palestinese, come per altro hanno già fatto da anni la grande maggioranza dei membri delle Nazioni Unite.
In un’intervista pubblicata ieri dalla televisione francese, ma registrata martedì, nel viaggio di ritorno dalla visita in Egitto e a prossimità della frontiera egiziana con l’enclave palestinese, il presidente francese ha dichiarato: “andare verso la riconoscenza dello stato palestinese nei prossimi mesi”, probabilmente e possibilmente in giugno quando si terrà una conferenza internazionale sulla questione palestinese alle Nazioni Unite che Macron dovrebbe copresedere al fianco del principe saudita Mohammed Bin Salman.
“Lo farò perché penso sia giusto e che sia giunto il momento”, ha spiegato Macron, “è perché voglio contribuire ad una dinamica collettiva per difendere la Palestina e per far sì che quelli che la difendono riconoscano a loro volta Israele, cosa che diversi tra loro non hanno fatto”. La speranza dell’Eliseo è di mettere sulla tavola il riconoscimento francese dello Stato palestinese per incitare l’Arabia Saudita a riconoscere Israele, come già fatto con gli accordi di Abraham da Emirati Arabi e Marocco.
Un’alternativa all’espansionismo armato dell’estrema destra israeliana, una pace che garantisca la sicurezza di Israele con la riconoscenza degli Stati Arabi. A partire proprio dal più ricco ed emblematico, l’Arabia Saudita, in cambio della creazione di uno stato palestinese viabile, cominciando dal piano per la ricostruzione di Gaza presentato dalla Lega Araba.
Un cammino possibile che marginalizzi Hamas e circoscriva l’Iran. In ogni caso, un tentativo salutato dal mondo arabo, in cui Macron, dopo anche la pace fatta con il presidente algerino Tebboune, ritrova credito e credibilità.