C’è un momento del documentario di 12 minuti, uscito mercoledì 1 novembre, che racconta il lavoro che ha portato alla pubblicazione dell’ultima canzone dei The Beatles, “Now and then”, che riassume tutto il senso dell’operazione. Ed è il momento in cui si ascolta la voce di John Lennon presa dal demo del 1977, isolata dal pianoforte.
L’emozione di “Now and then” è tutta lì, nel risentire quella voce e nel poterla ascoltare in quel modo. Senza il software di intelligenza artificiale creato dal team di Peter Jackson e usato già per la realizzazione di “Get Back”, il documentario uscito l’anno scorso, non sarebbe stato possibile ottenere questo risultato, e il brano, risalente alle registrazioni consegnate da Yoko Ono a McCartney, Starr e Harrison nel 1994, sarebbe rimasto chiuso in un cassetto, dove infatti giaceva da più di 25 anni.
Usare le tecnologie più contemporanee per sperimentare sulle proprie registrazioni è quanto di più beatlesiano ci possa essere: i Fab Four l’hanno fatto in molte occasioni e anche per questo il fatto che “Now and then” sia un brano-collage, di tracce che risalgono a momenti molto distanti tra loro, è relativamente importante.
Il risultato è una composizione in cui si coglie chiaramente l’impostazione melodica di Lennon, in particolare il Lennon solista, intorno alla quale sono stati aggiunti pezzi che combaciano con la nostra percezione del suono storico dei Beatles.
E’ davvero l’ultima canzone dei Beatles? Sembra molto probabile che lo sia, a confermarlo c’è anche la scelta di pubblicarla come singolo, in vinile 7″ e 12″, con “Love me do” come doppio lato A. La prima canzone e l’ultima, insieme.
Ma forse non è l’unica ragione per cui oggi questo pezzo ci fa emozionare, non è solo un sospiro nostalgico per qualcosa che non c’è più, ma è anche, semplicemente, una bella canzone che arriva dalla più grande storia della musica pop che sia mai stata raccontata.