Per molti Anders Behring Breivik è il simbolo del male: lo sguardo di ghiaccio, i saluti nazisti, le risate in faccia a giudici e parenti delle vittime, sono immagini che si riaffacciano subito alla mente, quando si sente nominare l’isola di Utoya.
Ma il resto, le vere ragioni della più grave strage mai verificatasi in Norvegia, il 22 luglio 2011, quando Breivik fece esplodere un’autobomba davanti all’ufficio del Primo Ministro, e due ore dopo uccise a sangue freddo decine di giovani attivisti in un campeggio estivo, sono state rapidamente rimosse dalle nostre memorie.
Nonostante l’organizzazione militare degli attentati e il comprovato legame con frange dell’estrema destra europea, Breivik (che recentemente ha ottenuto una sorprendente sentenza in cui si afferma che durante la detenzione sono stati violati i suoi diritti umani) fu giudicato sano di mente e unico responsabile della strage.
Gli aspetti più strettamente politici degli attentati sono stati presto accantonati, per favorire una versione più vicina alla definizione di “strage della follia.”
Il libro del giornalista Luca Mariani “Il silenzio sugli innocenti” (ed. Ediesse) ristabilisce la verità, con una dettagliata analisi dei connotati eminentemente politici degli atti portati a termine di Breivik. Il suo obbiettivo era distruggere il Partito Laburista alla radice, per dare seguito all’odio verso gli immigrati e la politica multiculturale.
Invece, nei media mondiali fu inizialmente (e incredibilmente) avanzata la tesi di una pista islamica, e successivamente fu fatto calare il silenzio sui giovani laburisti ammazzati per le loro idee.
In Italia la strage venne presto dimenticata e liquidata come l’atto di un folle.
Oggi, oltre al bel libro di Mariani, lo spettacolo “Utoya”, diretto da Serena Sinigaglia e scritto da Edoardo Erba, che ha debuttato al Teatro Ringhiera di Milano, provano a restituire la verità sugli innocenti.
Luca Mariani è stato ospite di Cult
Ascolta l’intervista a Luca Mariani