“Sono nato nella Polonia comunista, preferisco morire nell’Unione Europea”.
Questo è uno degli slogan portati in piazza ieri dalle decine di migliaia di persone che a Varsavia, Cracovia e in altre circa 100 città polacche hanno protestato contro la corte costituzionale, che ha stabilito la superiorità del diritto nazionale su quello Dell’Unione Europea. Il giorno prima, il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, travolto dagli scandali di corruzione, si dimetteva e il premier ceco Andrej Babis perdeva a sorpresa le elezioni legislative.
Tre eventi diversi, ma forse profondamente collegati. Tre eventi che hanno caratterizzato un week end di shock politico per l’Europa centrale e orientale. Polonia, Repubblica Ceca e Austria nel 2017 hanno visto salire al potere leader populisti, anti-europei e illiberali. Per tre anni, il populismo in quell’area è sembrato invincibile, ha creato la sensazione di un parallelo blocco unico, all’interno dell’unione, che aveva scelto di voltare le spalle ai valori su cui si basa l’UE e che non avrebbe avuto possibilità di tornare indietro. Il week end appena passato, ha dimostrato il contrario.
In Austria, Sebastian Kurz, 35 anni, con le sue politiche anti immigrazione è arrivato rapidamente al potere, passando in poco tempo dalla guida del suo partito l’Osterreich Volkspartei, al ministero degli esteri fino alla cancelleria. Ma la recente inchiesta anti corruzione, ha gettato nuova luce sulla velocità della sua scalata. Secondo le accuse – che lui ha rigettato ma che l’hanno portato velocemente alle dimissioni – tra il 2016 e il 2018 avrebbe utilizzato soldi pubblici per corrompere alcuni giornali affinché diffondessero notizie positive su di lui, durante la sua campagna elettorale.
Una pratica molto diffusa nei regimi illiberali dell’est EuropaEuropa, come l’Ungheria – che lo fa in modo spaventosamente palese – e che ora sta emergendo chiaramente anche in Austria.
Anche il premier ceco Babis, che era entrato in politica promettendo di combattere la corruzione, è stato travolto dall’inchiesta dei pandora papers, che ha rivelato che nel 2009 acquistò segretamente un castello in Francia nei pressi di Cannes, pagandolo tramite trasferimenti di denaro all’estero dalle Isole Vergini britanniche a Washington, passando poi per una società di Monaco. In passato, proprio Babis aveva criticato queste stesse strutture offshore, le stesse che ha invece usato per comprare il suo castello. Durante la campagna elettorale ha rivendicato la linea politica dettata da Orban controllando i media. Con il voto di sabato, dove era il favorito, la popolazione ceca ha chiaramente detto cosa ne pensa di queste politiche facendo emergere dalle elezioni legislative una coalizione di centro destra europeista.
E così si torna alla Polonia, dove la decisione della corte costituzionale – sostanzialmente un passacarte del governo – ha segnato una delle più profonde spaccature con l’Unione Europea e, allo stesso tempo – come dicevamo – una spaccatura tra il governo e il popolo. Il governo le ha bollate come “fake news”, ma è evidente che questo dissenso popolare sia invece estremamente reale. E, forse, questo week end nero per l’Europa sovranista, segna un’onda di cambiamento che – una volta partita – non sarà facile fermare.
FOTO| manifestazione Pro-UE a Warsavia, Polonia