Nelle ultime tre settimane sono stati fatti tre decreti importanti sulla pandemia, frutto di altrettanti compromessi in una maggioranza più litigiosa che mai e per nessuno dei tre il presidente del Consiglio Mario Draghi ha ritenuto di dare spiegazioni agli italiani, in prima persona.
Parliamo dell’estensione dello stato di emergenza, delle nuove restrizioni introdotte attorno a Natale e soprattutto dell’obbligo vaccinale per gli ultra cinquantenni. Nemmeno una parola, eppure siamo il primo grande Paese in Europa ad arrivare a una decisione così importante: nessuno finora ne ha avuto il coraggio.
Ieri sera vedere i ministri uscire da Palazzo Chigi alla spicciolata inseguiti dai giornalisti è stata una scena non all’altezza del momento. E menomale che Brunetta ripeteva come un disco rotto: “Tutto all’unanimità, abbiamo approvato tutto all’unanimità”.
Si sa che non è così, la giornata era cominciata con il rinvio di ore della cabina di regia, la riunione politica ristretta che prende le decisioni e le porta al consiglio dei ministri. Sull’obbligo vaccinale e sul green pass per i lavoratori c’erano 4 posizioni diverse tra tutti gli alleati, e Mario Draghi non li tiene più. Ora non è più il tecnico di prestigio che stoppa le baruffe tra partiti e partitini. Ora partecipa anche lui a quello che abbiamo chiamato in una nostra rubrica “Quirinal Party”, anzi ne è un protagonista.
Così anche la pandemia, la questione su cui più si era esercitato il suo stile decisionista, è diventata terreno di mediazione. Nel momento più delicato in cui questo poteva capitare.