In via Esterle, vicino a via Padova a Milano, c’è stato lo sgombero di un edificio occupato, gli ex bagni pubblici. Fino a oggi ci avevano vissuto circa 40 persone. Lo spazio è stato assegnato con un bando alla Casa della cultura musulmana e si progetta lì la costruzione di una moschea. Gli occupanti sono soprattutto lavoratori precari, rider, giovani. Ora non hanno un posto dove andare. Una vicenda che dice molto anche delle scelte del Comune di Milano.
Sulla facciata dell’edificio una scritta in maiuscolo, grande, di colore rosso dice “Basta sgomberi e sfratti, case per tutti gli sfruttati”.
La vicenda degli ex bagni pubblici di via Esterle, affonda il dito nella piaga di alcune contraddizioni della città. Decine di migliaia di alloggi sfitti, spazi a lungo abbandonati come questo, persone messe in strada senza alcuna alternativa valida per avere una casa, una stanza, un posto dove stare.
In città, ogni giorno, avvengono all’incirca dieci sfratti, stimavano tempo fa i sindacati degli inquilini. Soluzioni temporanee e passaggi da casa a casa faticano già a rispondere ai casi di fragilità o di morosità incolpevole, figurarsi quando si parla di occupazioni. In questi casi la linea finisce per essere quella che agisce nel nome dell’ordine pubblico, con buona pace delle questioni sociali.
Per via Esterle, il Comune di Milano aveva preso un impegno a cercare una soluzione per questi lavoratori, migranti, che hanno impieghi che per quanto precari contribuiscono a reggere l’economia della città. A loro ha offerto un elenco di ostelli, pensionati, alberghi a cui potevano rivolgersi, salvo poi scoprire che nessuna delle strutture indicate ha in realtà posto disponibile o prezzi accessibili per i loro contratti e i loro stipendi.
La conclusione della vicenda è che, al momento, nessuna di queste persone sa dove andare. Qualcuno parla di rivolgersi ad amici, qualcuno di lasciare la città e l’Italia. Qualcun altro di cercare un giaciglio sul pavimento della stazione Centrale.