In questi anni chi ha cercato una via d’uscita alla crisi siriana ha provato a riavvicinare Iran e Arabia Saudita. I due paesi lottano da tempo per la leadership regionale in Medio Oriente e hanno trasformato la Siria in campo di battaglia per imporsi sul nemico. Tehran appoggiando il regime di Assad in nome dell’asse sciita – Iran, Iraq, Siria, Hezbollah libanesi – Riyad armando e finanziando la rivolta siriana, compresi i gruppi islamisti più radicali (eccezion fatta, almeno ufficialmente, per lo Stato Islamico) in nome della supremazia della comunità sunnita.
Nelle ultime settimane la diplomazia aveva raggiunto qualche piccolo risultato. Iran e Arabia Saudita avevano accettato di partecipare al dialogo sulla Siria sponsorizzato da Russia e Stati Uniti e coordinato dalle Nazioni Unite. L’inviato ONU per la Siria, Staffan de Mistura, ha fissato il primo incontro tra il governo di Damasco e l’opposizione siriana il prossimo 25 gennaio, ma dopo gli sviluppi degli ultimi giorni è probabile che venga tutto congelato.
Lo scontro tra Iran e Arabia Saudita è uno scontro antico che la contrapposizione sciiti-sunniti spiega solo in parte. Anzi quanto stiamo vedendo adesso dimostra che siamo di fronte all’ultimo atto di una battaglia per la supremazia regionale e che le parti, nonostante il timido riavvicinamento dell’ultimo periodo, sono tornate distanti e non hanno alcuna intenzione di riprendere il dialogo.
“Da quando c’è stato un cambio ai vertici del regno saudita – ci racconta l’analista iraniano Mojtaba Mousavi, che conosce molto bene i vertici della Repubblica Islamica – Riyad ha adottato una politica più aggressiva, che fa leva sulla sua forza militare. L’obiettivo sembra quello di destabilizzare ulteriormente la regione”.
Tehran critica anche l’occidente. “Le nostre autorità – ci spiega ancora Mojtaba Mousavi – sono sorprese dal silenzio della comunità internazionale, che non dice nulla sulle violazioni del diritto internazionale da parte dell’Arabia Saudita, con l’intervento militare in Yemen e l’appoggio ai gruppi terroristici che operano in Siria”.
In realtà anche l’Iran ha messo in campo tutta la sua forza economica e militare per tenere il piedi il presidente siriano Bashar al-Assad. Ben prima dell’intervento russo Tehran aveva mandato i suoi corpi scelti per coordinare la guerra contro i ribelli siriani. Damasco è vitale per il collegamento terrestre con gli Hezbollah libanesi e rappresenta un fondamentale cuscinetto in chiave anti-israeliana. Ma gli iraniani sono convinti che il loro intervento sia diverso da quello saudita.
“Negli ultimo cento anni – ci dice Mojtaba Mousavi – l’Iran non ha mai attaccato alcun paese, mentre i sauditi stanno bombardando il paese vicino, lo Yemen, da quasi un anno e hanno fatto moltissime vittime civili. Noi vogliamo una soluzione politica alle crisi in Yemen e in Siria ma Riyad la pensa diversamente. E come dicevo prima la comunità internazionale non fa nulla. Il governo saudita non viene chiamato a rispondere delle sue azioni e per di più rimane a capo del Consiglio ONU per i Diritti Umani”.
L’ultima crisi tra le due potenze regionali del Medio Oriente è scoppiata proprio quando la comunità internazionale dovrebbe iniziare ad allentare le sanzioni all’Iran per il suo programma nucleare, così come previsto dall’accordo dello scorso luglio. Secondo Mojtaba Mousavi le due cose sono in realtà strettamente collegate: “a mio parere una delle ragioni per le quali i sauditi stanno cercando di alimentare una nuova crisi è proprio il fatto che l’Iran abbia risolto la crisi legata al nucleare attraverso un negoziato. In altre parole stanno cercando di bloccare la normalizzazione dei nostri rapporti con l’occidente. Ma credo che non ci riusciranno”.
Il regno saudita aveva criticato l’accordo di Vienna della scorsa estate. Non solo perché riabilitava l’Iran come attore internazionale e come grande produttore di energia, ma anche perché riavvicinava Tehran e Washington, uno dei principali alleati di Riyad. Da questa prospettiva è piuttosto chiaro come lo scontro non sia tra sciiti e sunniti ma tra due paesi che aspirano alla leadership regionale. “L’Iran – ci fa notare Mojtaba Mousavi – non ha alcun problema con la comunità sunnita. Nel nostro paese ci sono molti sunniti, e il nostro governo ha buone relazioni con diversi paesi a guida sunnita. Il problema è l’ideologia wahabita che ispira i vertici sauditi”.
Una battaglia politica che salvo imprevisti non si risolverà nel breve periodo. Con conseguenze negative su una regione dove ci sono sempre più conflitti e milioni di profughi.