Chi potrebbe modificare i rapporti di forza nella direzione del Partito Democratico di oggi è Franceschini. Il democristiano di vecchio corso, l’uomo che nella scorsa legislatura controllava i gruppi parlamentari e nel 2014 tolse i suoi voti a Enrico Letta per consegnarli a Renzi, oggi viene considerato l’unico in grado di avere le armi politiche per sottrarre consensi a Renzi in direzione, indebolendolo così nel partito. La conta di oggi nel Pd sarà importante perché per la prima volta saranno tutti contro Renzi, esplicitamente.
Ma è un risultato parziale, incompleto. La giornata di ieri è trascorsa senza che si trovasse un accordo su cosa proporre: un ordine del giorno, oppure l’approvazione della relazione che Martina leggerà domani. Il reggente è stato sconfessato in pubblico da Renzi, non in una sede di partito ma in televisione, rispetto all’ipotesi di un dialogo col Movimento 5 Stelle. Sarebbe abbastanza perché si dimettesse accelerando verso il congresso ma in questo momento ai non renziani il congresso non conviene.
Se Renzi rimane Renzi, gli ‘altri’ non hanno una linea comune e non hanno un candidato comune in grado di battere il senatore di Firenze. Ecco perché si muovono con quella che appare come una prudenza perfino eccessiva. La loro paura è che oggi Renzi in direzione attacchi Martina in maniera frontale, decidendo per la prova di forza finale. Nelle ore prima dell’appuntamento al Nazareno, oggi alle 15, altre riunioni.
Uscirà forse la strategia comune dei non renziani e sarà più chiara la posizione renziana. Ma la nemmeno oggi il Pd darà le risposte che il paese attende. Quale linea politica ha il partito che rappresenta quel che resta del centrosinistra in Italia? Quale idea di futuro? Quali politiche concrete?