Agli Emmy – i premi assegnati dall’Academy televisiva, l’equivalente per il piccolo schermo degli Oscar – quest’anno ci sono state praticamente solo tre serie trionfatrici. Ma se The Crown e La regina degli scacchi, entrambe targate Netflix e premiate rispettivamente come miglior serie drammatica e miglior miniserie, sono di grandissimo successo anche qui in Italia, il titolo che ha vinto come miglior comedy, cioè Ted Lasso, da noi non è conosciuto quanto negli Usa e, in generale, nel mondo anglofono. C’entra prima di tutto il fatto che sia prodotto e distribuito da AppleTv+, una piattaforma streaming ancora relativamente poco nota e poco diffusa, nonostante sia disponibile gratuitamente per alcuni mesi a chi acquista un device dell’azienda di Cupertino: lanciata a fine 2019, non propone un catalogo straripante di contenuti sempre nuovi come Netflix o Amazon Prime Video, ma punta su una selezione ridotta di titoli originali, quasi tutti di elevata qualità, anche grazie agli ingenti investimenti che può permettersi una delle multinazionali più ricche al mondo, che le consentono di assumere grandi star (vedi l’altra serie di punta, The Morning Show, con Jennifer Aniston e Reese Witherspoon, di cui è partita in questi giorni la seconda stagione). Ma, con la prima annata distribuita nell’estate del 2020,
Ted Lasso è diventata un grande successo delle visioni durante la pandemia,
montato settimana dopo settimana grazie a un inarrestabile passaparola.
Un successo ancor più atipico se si pensa quale sia l’origine dello show, ovvero
una serie di spot pubblicitari realizzati anni fa da un canale televisivo
statunitense per convincere il riottoso pubblico americano a guardare le
partite di calcio della Premiere League inglese: degli spot era protagonista
appunto Ted Lasso, interpretato dal comico Jason Sudeikis, un allenatore di
football americano che proprio non riusciva a capire le regole del soccer. Il
personaggio piacque a tal punto che AppleTv+, in cerca di contenuti in
esclusiva da sviluppare, propose a Sudeikis e all’ex autore di Scrubs Bill
Lawrence di costruirci un’intera serie tv. E così Ted Lasso racconta di questo
coach di college football che da Kansas City si ritrova catapultato a Londra,
assunto dalla nuova proprietaria di una squadra da media classifica della
Premiere League, intenzionata a far retrocedere il team per far soffrire il
marito da cui ha appena divorziato dopo molteplici infedeltà.
La leva comica iniziale si basa tutta sulle piccole differenze di comportamento, linguaggio e attitudine tra i due lati dell’oceano, con il gioviale Ted che, con ottimismo, intelligenza emotiva e disarmante sincerità riesce a conquistare uno dopo l’altro i ruvidi, cinici e repressi inglesi (senza mai riuscire a imparare davvero le regole del calcio). La precisione della scrittura di battute e personaggi, leggeri e buffi senza mai essere banali o sciocchi (proprio come Ted, appunto) è la forza dello show, che esattamente come il suo protagonista riesce a far capitombolare anche i cuori più aridi: una botta di positività e di fiducia nel futuro e nel prossimo di cui il pubblico sembrava avere disperatamente bisogno in un’annata così cupa, e anche una discreta boccata d’ossigeno rispetto a tante sitcom fondate sul sarcasmo, la goliardia e/o protagonistI discutibili.
La seconda stagione è andata in onda quest’estate, attesissima da chi si era messo in pari durante i lunghi mesi di autoconfinamento, scatenando sui social reazioni accesissime come ormai avviene per qualsiasi titolo che raggiunga un certo successo: da un lato il racconto non arretra di un millimetro nella sua fiducia totale nella bontà che alberga in ognuno di noi, dall’altro inizia a mettere in campo qualche problematicità dei personaggi,
cercando di smontare il mito dell’ottimismo a tutti i costi. Agli Emmy di stanotte ha segnato un risultato strabiliante, vincendo come miglior comedy, miglior attore protagonista per Jason Sudeikis, e migliori non protagonisti per Hannah Whaddingam e Brett Goldstein. Se deciderete di darle una possibilità, difficilmente rimarrete delusi.