Forze governative libiche stanno combattendo contro Daesh (o Isis) a Sirte e stanno liberando la città dopo un anno e mezzo di occupazione da parte del sedicente Califfato. Non sono soldati regolari dell’esercito, ma milizie di Misurata guidate da ufficiali dell’esercito, nominati dal governo incaricato. I risultati finora ottenuti, senza grandi aiuti internazionali, sono importanti. I jihadisti sono stati costretti ad arretrare da una postazione dopo l’altra e adesso sono asserragliati all’interno della città, prendendo la popolazione civile come ostaggio.
L’offensiva a tenaglia è costruita su tre direttrici, due da Ovest e Sud, con le milizie di Misurata, e da Est con le guardie degli impianti petroliferi. Le truppe del generale Haftar invece sono attestate a Sud, ma sono lontane dal campo di battaglia; il grosso delle sue forze sono impegnate nelle battaglie per Bengasi e Derna. L’assedio terrestre e navale è sostenuto dall’aviazione libica, che ha bombardato il centro congressi di Sirte, utilizzato dai jihadisti come comando centrale.
Nei mesi scorsi sono corse voci sulla presenza, a Misurata, di militari statunitensi e britannici, in compiti di consiglieri militari. Addirittura si è parlato dell’uccisione di un soldato britannico, ma la notizia non è stata mai ammessa da Londra. Di fatto, questa prima e parziale vittoria su Daesh è tutta libica, malgrado la persistenza dell’embargo internazionale contro l’esercito libico.
È sicuramente una vittoria di Fayez Sarraj, il premier incaricato e impone un dato di fatto: le milizie di Misurata sono una forza centrale per l’unità del Paese. Questo equilibrio nelle forze anti Daesh potrebbe portare ad accelerare l’accordo politico. In effetti, il presidente del parlamento riunito a Tobruk ha convocato per il prossimo lunedì una seduta con all’ordine del giorno la modifica costituzionale e il voto di fiducia al governo Sarraj.
La tv di Misurata ha trasmesso la diretta dalla rotatoria di ingresso alla periferia occidentale di Sirte, dove i pick-up misuratini, blindati artigianalmente e trasformati in carri armati, occupavano la piazza, una volta usata dai jihadisti come patibolo con una forca per impiccare e crocifiggere le vittime dei terroristi. Al posto della bandiera nera del sedicente Califfato, adesso sventola la bandiera dell’indipendenza libica. Secondo il portale libico Al Wasat, il capo di Daesh a Sirte, Hamed Maalouqa, sarebbe stato ucciso.
La popolazione di Sirte è presa in ostaggio. Non è mai stata accondiscendente con gli occupanti stranieri di Daesh, ma non ha avuto scampo. Nel 2015 ci sono stati anche dei moti di subordinazione, ma sono stati soffocati con impiccagioni e sgozzamenti di decine di giovani dei quartieri ribelli.
Il comandante delle truppe governative, Mohammed al Ghasri, ha detto che “le perdite sono state enormi, ma la liberazione della città è vicina”. Sicuramente prima di entrare con le truppe alla conquista delle strade della città, si dovranno fare i conti con i cecchini e le trappole esplosive, oltre alla vocazione suicida dei jihadisti.
Il premier incaricato ha mandato un messaggio di incoraggiamento per le truppe al fronte. Il tentativo è quello di sfruttare al massimo questa vittoria per rafforzare, sia a livello interno, sia internazionale, il governo di unità nazionale e per convincere l’Onu a sbloccare l’embargo sulle armi.
Nella città di Sirte gira voce che la maggior parte dei jihadisti sono già scappati via, verso Sud. Un cittadino di Sirte ha detto a Radio Popolare, che “molti jihadisti di Daesh, soprattutto quelli di nazionalità libica, si sono tagliati la barba, per confondersi con i civili”.