Gabriele Del Grande è stato fermato il 10 aprile scorso al confine tra la Turchia e la Siria dalla polizia turca. Si trovava nella provincia sudorientale turca dell’Hatay.
Da allora Del Grande è riuscito a mandare solo un sms alla famiglia per comunicare il suo fermo. Nessun altro contatto con familiari o avvocati. Su di lui si hanno solo informazioni indirette, attraverso la Farnesina.
Il ministro degli esteri Alfano questa mattina sul Corriere della Sera ha detto: “abbiamo attivato tutti i nostri canali, sia in loco sia qui. Abbiamo ricevuto delle rassicurazioni, informato la famiglia e chiesto che tutto si concluda nel più breve tempo possibile”.
Gabriele Del Grande è un giornalista, blogger, documentarista, da diversi anni cura Fortress Europe, un blog che racconta storie di migranti, che cerca di documentare la strage delle morti nel Mediterraneo per evitare – è scritto sulla home del blog – che “i loro corpi finiscano nell’oblio delle coscienze, seppelliti in fondo al cimitero Mediterraneo”.
Gabriele Del Grande è autore, insieme ad altri due registi, del documentario “Io sto con la sposa”, proiettato anche alla Mostra del Cinema di Venezia tre anni fa.
Quando è stato fermato il 10 aprile scorso, Gabriele Del Grande stava cercando di fare interviste ai profughi siriani per il suo ultimo lavoro dal titolo Un partigiano mi disse. La Farnesina ha detto che il fermo è stato motivato dal fatto che Del Grande «si trovava in una zona del Paese in cui non è consentito l’accesso».
Ospite oggi a Memos la giornalista e scrittrice Francesca Borri, corrispondente di guerra, dal 2012 segue il conflitto siriano. Borri si trovava nella zona della provincia turca di Hatay quando Del Grande è stato fermato.
«Il problema vero – racconta Borri toccando un punto centrale in questa vicenda – è che Gabriele non è un privato cittadino, ma un giornalista. Quindi la tutela di Gabriele non è semplicemente la tutela della sua incolumità fisica – che viene prima di tutto – ma anche del suo lavoro, delle sue fonti. In questo momento – prosegue la giornalista – così come la famiglia e gli amici sono in ansia, sono in ansia anche tutti i siriani e gli iracheni che erano in contatto con Gabriele. Dopo dieci giorni di detenzione la pressione psicologica su Gabriele è micidiale. In queste condizioni si può ricavare da una persona qualsiasi tipo di informazione. La pressione psicologica è ciò che la Turchia sta cercando perché è il modo per forzare Gabriele a parlare».
Ospite oggi a Memos anche Luigi Manconi, presidente della commissione diritti umani del Senato: «l’imputazione che sarebbe stata mossa a Del Grande – sostiene Manconi – è semplicemente quella di aver fatto il proprio mestiere e cioè di aver cercato di realizzare la sua ricerca e nel farlo, nel fare il suo mestiere di giornalista e di reporter, sarebbe andato in una zona in cui è vietato l’accesso. Del Grande – aggiunge il senatore Manconi – non ha commesso alcun reato, non ha violato alcun principio, al contrario ha rispettato la missione del suo mestiere che svolge con grande intelligenza da tempo».
Di libertà di espressione oggi a Memos hanno parlato anche il segretario della Fnsi Raffaele Lo Russo e Danilo De Biasio, direttore del Festival dei Diritti Umani. Il Festival è arrivato alla sua seconda edizione e si svolgerà dal 2 al 7 maggio prossimi a Milano, al Palazzo della Triennale. Il tema centrale dell’edizione 2017 sarà la libertà di espressione.
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