“Il ministro Guidi? Non ci ha mai ricevuto”. Non ha dubbi Simone Togni, presidente dell’Associazione nazionale energia del Vento (Anev), organizzazione che riunisce gli imprenditori del settore eolico, un settore che occupa 25 mila addetti. E schiera la sua associazione per il Sì al referendum del 17 aprile. In questa intervista spiega perché il voto del 17 aprile viene considerato importante dalle imprese del settore delle energie rinnovabili.
Ma partiamo proprio dal rapporto con il governo Renzi. Cosa è stata fatto per favorire le rinnovabili?
Questo è un tasto molto dolente. Qualcuno potrebbe accostare la “distrazione” dell’ex ministro Guidi rispetto a queste tematiche a favore di altri interessi. Ma un fatto è certo. Il settore delle rinnovabile è da un anno e mezzo in attesa di un decreto ministeriale che il ministro Guidi avrebbe dovuto emanare e che avrebbe dovuto consentire la realizzazione di nuovi impianti di fonti rinnovabili. E’ un obbligo che deriva da una direttiva comunitaria che l’Italia sta disattendendo e quindi oggi in Italia non è possibile realizzare nuovi impianti perché manca questo decreto attuativo. Il settore è completamente bloccato.
E per quale motivo secondo lei non lo si è fatto?
Mi sembra che la “distrazione” rispetto a tematiche energetiche di altro tipo possa essere una risposta. Io come presidente dell’Anev non sono mai riuscito a parlare con l’ex ministro. E abbiamo visto che altri ci riuscivano.
Ma avete chiesto degli incontri che vi sono stati negati?
Certamente, abbiamo chiesto di poter incontrare il ministro per chiedere i motivi di questo ritardo ma non abbiamo mai avuto risposte formale, né la possibilità di incontrare Guidi.
Presidente Togni, come voterà al referendum del 17 aprile?
Ho avuto molti dubbi ma mi sono convinto di votare Sì. Più ancora che nel merito del quesito, penso che si tratti di una scelta di campo su quello che deve essere il futuro del nostro paese. Sono convinto che votare sì sia la scelta giusta, proprio perché la transizione verso un sistema energetico basato sulle energie rinnovabili sia un obiettivo che dobbiamo da subito perseguire in ogni modo.
Entriamo però anche nel merito del quesito. Perché è contrario alla proroga a tempo indeterminato?
Credo che sia un meccanismo troppo generoso rispetto a meccanismo di controllo e di tutela che noi che facciamo energie rinnovabili ci troviamo viceversa a dover affrontare ogni giorno.
E i suoi dubbi quali sono stati?
In realtà in un paese in cui i controlli e l’attività di verifica fossero molto stringenti, si potrebbe anche pensare di votare No. E’ comprensibile che ci siano delle proroghe all’attività estrattiva che ha una durata molto lunga negli anni. Ma credo che questa proroga senza termine che il governo ha introdotto non dia le necessarie garanzie. Sarebbe più corretto che ci fosse una possibilità di prorogare le attività a fronte di un’attività ispettiva più stringente visto che si tratta di attività dall’impatto ambientale significativo.
Come si muovono le imprese del settore energetico?
Le grosse aziende che storicamente hanno avuto anche o sono nate per la produzione di energia di idrocarburi oggi sono quasi tutte riconvertite verso le rinnovabili. La nostra associazione riunisce circa 75 aziende che operano nel settore energetico a tutto tondo. E queste imprese sono sempre più impegnate nella riconversione nell’energia sostenibile. Del resto questo è un trend mondiale.
C’è un rischio di perdita di posti di lavoro se vincesse il Sì?
Quello dell’occupazione è veramente l’ultima delle preoccupazioni che secondo me si dovrebbe avere. Vorrei ricordare che il referendum non prevede che i pozzi vengano chiusi ma solo che il rinnovo delle concessioni non diventi automatico e senza termini. Ma la direzione in cui va il mondo è quello di una progressiva decarbonizzazione del modello energetico. Tutti gli indicatori e gli studi internazionali dimostrano che l’occupazione è in forte aumento nel settore delle rinnovabili. E’ lì il futuro, anche per il lavoro.