Il Parlamento Europeo ha deciso: le automobili potranno inquinare di più. Sembra incredibile, ma dopo lo scandalo Wolkswagen, e con mezza Europa in affanno per le polveri sottili, l’Europarlamento ha approvato l’innalzamento dei limiti delle emissioni inquinanti per i veicoli a motore.
“L’Europa si interessa più agli affari delle industrie dell’auto e del petrolio che dei nostri polmoni e della nostra salute, non c’è dubbio”, commenta amaro ai nostri microfoni Giuseppe Onufrio, direttore generale di Greenpeace Italia. Al voto in aula, c’era la richiesta di veto al progetto della Commissione Europea di aumento di questi limiti. Insomma, come spesso accade in alcuni referendum, si trattava di votare sì, per dire no. Sulla carta, c’erano i numeri per approvare la mozione: contro il veto erano Popolari, Liberali e destra, a favore Ecologisti, Socialisti e sinistra. Alla fine i voti di scarto sono stati pochi: 323 contro 317, e determinanti sono stati i 43 eurodeputati socialisti che hanno votato in difformità dal loro gruppo.
Ancor più paradossale: a proporre il veto era stata una mozione approvata in commissione Ambiente. Ieri però il presidente ha votato contro. Ora la Commissione Europea potrà portare avanti il progetto di “aggiornamento” dei limiti imposti dal 2007. Parliamo della principale causa delle polveri fini, gli ossidi di azoto, che secondo l’Agenzia europea dell’ambiente provocano circa 70mila morti l’anno: di fatto vengono più che raddoppiati i limiti consentiti per omologare un veicolo, da 80 a 168 milligrammi per km. Un voto che ha tutto il sapore di una vera e propria sanatoria del cosiddetto Dieselgate, che ha evidenziato non solo i trucchi delle case automobilistiche per mascherare la reale potenza inquinante dei veicoli, ma anche le omissioni di chi doveva controllare ed ha fatto finta di non vedere.
La linea di chi, dopo quello scandalo, chiedeva misure più rigide, ne è uscita di fatto sconfitta. “Il cosiddetto Dieselgate aveva fatto emergere la discrepanza tra i valori delle prove in laboratorio e di quelle su strada, di fato con l’avallo delle agenzie deputate a fare i controlli, come Greenpeace lo denunciamo, inascoltati, da anni” prosegue Onufrio.
Potere delle lobby? Non è affatto un luogo comune parlare di pressione dell’industria automoblistica, che ha già mostrato di avere una forte influenza non solo sul Parlamento e la Commissione Europea, ma anche sui governi nazionali, a partire da quello tedesco, di fatto i principali portatori di interesse delle proprie case produttrici. Non a caso a spingere per l’innalzamento dei limiti era stata proprio Angela Merkel.
“Le pressioni delle lobby ci sono state e sono state enormi”, osserva Monica Frassoni, co-presidente dei Verdi Europei, che con la sua lunga esperienza da Europarlamentare conosce bene i meccanismi che portano a votazioni così importanti. “La rappresentanza italiana, ad esempio, è stata super mobilitata da Confindustria. I deputati francesi sono stati bombardati di mail di lavoratori del settore che li imploravano di votare contro, altrimenti avrebbero perso il lavoro – continua Frassoni – ed è un falso problema: l’innovazione non fa perdere posti di lavoro, semmai ne porta di più. Ma su questo le lobby ci marciano, in malafede”.”Le pressioni ci sono ma a premere il bottone sono gli Eurodeputati. E questo risultato è anche una loro mancanza di responsabilità“, conclude la co-presidente dei Verdi Europei.
“Già ad ottobre era emersa la proposta di innalzare i limiti – ricorda Onufrio – solo che si parlava del 20 per cento; invece addirittura sono stati alzati più del 100 per cento. E dal 2020, quando saranno abbassati, si arriverà comunque ai 120 mg/km, il 50 per cento in più di quelli stabiliti nel 2007. In questo modo si protegge un’industria invece che spingerla ad adottare nuove teconologie ecologiche”.
Ma non è solo un problema di industria automobilistica, ma anche dell’altra potente lobby, quella dei produttori di petrolio. “Da una quindicina d’anni – continua ancora Onufrio di greenpeace – è cresciuto esponenzialmente il parco-auto diesel. Questo perché i petrolieri producono più diesel che in passato. Ma le auto diesel sono anche le più inquinanti.”
Insomma, una “tossicodipendenza” la definisce Onufrio – un circolo vizioso da cui l’Europa ha scelto di non uscire. Ancor più stupefacente, se si pensa che proprio l’UE è stata tra i principali protagonisti a spingere per un accordo alla recente conferenza sul clima, la Cop21 di Parigi “e il settore dei trasporti è tra i principali responsabili anche delle emissioni di Co2, che alterano il clima” conclude Onufrio.