L’Unione europea ha perso il suo onore a Idomeni ma molti dei suoi cittadini si stanno ribellando alle porte sbattute in faccia ai rifugiati siriani che fuggono dalla guerra. Sono i volontari delle Ong e delle associazioni umanitarie presenti a Idomeni.
“One Bridge to Idomeni” è un’iniziativa promossa da un gruppo di giovani di Verona che ha come obiettivo di creare un ponte tra la città scaligera e i campi profughi. Jacopo Rui, 21 anni, è al suo secondo viaggio a Idomeni.
“L’idea è nata da un caso fortuito”, racconta Jacopo. “Uno di noi, uno dei cinque che sono partiti la prima volta, stava facendo un trasloco, ha trovato una vecchia tenda in cantina e ha pensato che potesse essere più utile a qualcun’altro. Ci sono venute subito in mente tutte queste persone che stanno bussando alle porte dell’Europa. Senza pensarci troppo siamo partiti in macchina per Idomeni”.
La prima volta Jacopo e gli altri quattro amici hanno dato una mano ai gruppi di volontari già presenti nel campo profughi: “Abbiamo aiutato a distribuire cibo, vestiti e pannolini. Un’esperienza che porta a metterrti in discussione, quando a casa tua apri il frigo e hai tutto… Qui invece ti ringraziano per venti minuti solo perché hai dato loro una bottiglietta di acqua e un pannolino per il loro figlio“.
In questo secondo viaggio, i ragazzi di One Bridge to Idomeni si stanno concentrando soprattutto sull’attività di animazione per bambini: “Costruiamo palline colorate da giocoleria, braccialetti, collane”, spiega Jacopo dal campo profughi. “I bambini sono incontenibili per l’energia e per le emozioni che trasmettono. Non smettono mai di sorridere“.
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Le foto sono tratte da One bridge to Idomeni, la pagina Facebook che i ragazzi hanno aperto per far conoscere il loro progetto e postare racconti della loro esperienza. Il loro obiettivo è quello di fondare un’associazione.
Ascolta qui l’intervista integrale di Chawki Senouci a Jacopo Rui