La nuova riforma elettorale è legge, approvata al Senato grazie al contributo di Forza Italia, Lega e i quattordici senatori di Ala, guidati da Verdini, il quale si sente già nella maggioranza e rivendica di aver garantito la stabilità del governo più volte, votando al Senato le unioni civili e dicendosi pronto a votare anche domani lo Ius soli.
Promessa (o provocazione) raccolta dal capogruppo del Pd Zanda, il quale chiede ora che sulla cittadinanza agli stranieri venga posta la fiducia. Il tempo ci sarebbe, la legge di bilancio dovrà essere votata entro il 25 novembre.
Ma tornando alla legge elettorale, il rosatellum ha avuto il via libera con 241 voti a favore e 61 contrari, numeri che si prevedevano fin dall’inizio.
La legge dovrà essere firmata da Mattarella e a lui ora rivolgono attenzioni e anche pressioni i Cinque stelle. Ieri Di Battista con toni non proprio concilianti ha detto: “Matterella stia attento a firmare la legge”, oggi sembra che stiano valutando non meglio precisate iniziative presso il Quirinale.
I voti di Verdini sostituiscono in aula quelli di Mdp che ha votato contro; altri sette senatori dissidenti nel Pd non hanno partecipato al voto, Mario Monti ha votato no perché sostiene che questa legge aumenterà il disprezzo dei cittadini verso la politica.
Il voto di oggi evidenzia quindi un ingresso a tutti gli effetti nella maggioranza di Verdini che ha fatto un discorso politico più generale, difendendo il governo di larghe intese con Berlusconi, e disegnando per il suo gruppo un ruolo di supplenza, forse, in questo scorcio di legislatura, anche per la prossima legge di Bilancio, anche se in cambio dei suoi voti potrebbe chiedere modifiche sostanziali alla finanziaria, che solo nel fine settimana dovrebbe arrivare al Quirinale per la firma.
Con il suo contributo, Verdini spera di poter raccogliere i frutti nel Parlamento e governo che verrà.
Il via libera alla legge elettorale segna lo strappo tra Renzi e i bersaniani, che chiedevano, senza averla ottenuta, una modifica al sistema elettorale.
Ora l’appuntamento è al 5 novembre con il voto in Sicilia, da lì Renzi dovrà partire, misurando il peso di un successo o di una sconfitta.
Solo dopo quel risultato e con il nuovo sistema elettorale ormai certo (anche se dovesse partire un ricorso alla Consulta difficilmente potrebbe esserci una sentenza entro la primavera), Renzi dovrà riaprire il cantiere per costruire una coalizione vera a sinistra oppure pensare ad alleanze dopo il voto con la destra.