L’economia italiana è ferma, e secondo Istat anche il 2025 parte con uno 0 di crescita acquisita. Come zero è la stima preliminare nel quarto trimestre, che porta il 2024 ad un misero 0,5%. Ben distante dall’1% indicato dal Piano strutturale di bilancio del governo e dallo 0,7% che sperava il ministro dell’Economia. Un dato frutto di due elementi: una frenata nel settore dei servizi, quello su cui si sta spostando buona parte del peso dell’economia italiana. Il secondo: se l’export funziona, sono fermi i consumi interni, indice di un modello basato proprio su basso costo del lavoro, di conseguenza bassi salari, che punta appunto all’export ma tiene fermo il mercato interno.
In questi mesi esperti e analisti si sono chiesti come fosse possibile la salita dell’occupazione a fronte di un paese stagnante. Ma anche dall’occupazione continuano a arrivare segnali di frenata. A dicembre 4mila occupati in meno, per la crescita dei dipendenti a tutele crescenti, frutto dell’allungamento della vita lavorativa e dalla scelta delle aziende di tenersi strette figure professionali di difficile reperibilità, e di un calo più marcato di quelli a tempo determinato e autonomi. Nel complesso nel 2024 gli occupati in più sono stati 272mila, un dato che cela però anche la crescita del 30% delle ore di cassa integrazione, evidenziato ieri dall’Inps.
Il governo intanto ha ammesso il pasticcio dato dalla trasformazione del cuneo da contributivo a fiscale, che non solo fa perdere i redditi fino a 35mila euro, ma come denunciato dalla Cgil, penalizza fortemente i più deboli, redditi tra 8.500 e 9.000 euro che perdono 1.200 euro all’anno del vecchio bonus Renzi. La promessa è di porre rimedio. Vedremo come e quando.
Oggi intanto la Banca Centrale Europea ha abbassato i tassi d’interesse di un altro quarto di punto. La presidente Lagarde ha sottolineato le difficoltà del sistema produttivo europeo, ma comunque non ha accelerato con un taglio più ampio. E nel complesso il pil di tutta l’Europa ristagna: la crescita del 2024 è dello 0,7%. L’Italia è tra i peggiori con Francia, Germania ed Irlanda. Ma c’è un’eccezione: la Spagna di Pedro Sanchez e delle riforme sociali del governo di sinistra, anche queste un’eccezione, che hanno portato Madrid ad una crescita del +3,25, con più occupazione e salari più alti.