Romano Prodi non si attende molto dalla ripresa economica annunciata dagli ultimi dati. “Un po’ di respiro, ma non di più, perché non vedo cambi radicali di politica economica”. E non sembra neppure molto ottimista sul futuro: “Se continua così – spiega – il potere di alcuni grandi protagonisti del mondo sarà infinito, parlo di otto persone, e tra questi non c’è un europeo, sei americani e due cinesi che potranno dettare le leggi al mondo. Qui il riformismo proprio non esiste”.
Invece Prodi definisce un riformismo bello quello proposto dal “Manifesto contro le disuguaglianze”, pensato da Nens ed Eticaeconomia e presentato alla Camera dei Deputati.
C’era un pezzo di governo Prodi del 2006-2008, Bersani, Epifani, Damiano, Fassina, Cecilia Guerra, che in gran parte ora si ritrova fuori dal Pd, con Mdp e Sinistra italiana, partiti che nei prossimi giorni dovranno incontrarsi con il governo per i pareri sulla prossima legge di bilancio.
E per gli autori del Manifesto non deve essere un tabù parlare di tasse, perché anche questo è accaduto negli ultimi venti anni: parlare di tasse porta male, quando se ne parla si perdono le elezioni.
Eppure non c’è altro strumento per affrontare e risolvere le disuguaglianze sociali. Che esistono, sono forti, e ancora, come cinquanta anni fa, legate all’appartenenza sociale ed economica delle famiglie di origine. E se è così è anche una sorta di fallimento per chi ha sempre lottato per l’istruzione pubblica e pari opportunità per tutti.
Sicuramente per Prodi non hanno opportunità gli stranieri nati e vissuti in Italia, che pagano le tasse e non hanno pari diritti civili degli altri, secondo Prodi sullo ius soli c’è una “confusione intellettuale”, che intreccerebbe volutamente i problemi dell’immigrazione clandestina con lo ius soli.
Il Manifesto propone soluzioni alle disuguaglianze centrate sulla tassazione dei patrimoni, con franchigie in grado di escludere i patrimoni più bassi e con aliquote progressive; riformando le imposte di successione, “prevedendo esenzioni dei piccoli patrimoni familiari”, senza aver timore del tema tasse, perché come dice Prodi “in campagna elettorale si vince se si promette di ridurre le tasse e poi se governi non puoi certamente aumentarle”.
Il Manifesto avrebbe, secondo i suoi ideatori, anche un valore pedagogico oltre che politico e di base per confrontarsi con i partiti. Lo spiega a Radio Popolare Maurizio Franzini, presidente di Eticaeconomia: