Cosa resta del referendum sulle trivelle? “Si è messo al centro, seppur per poco tempo, la discussione sui temi delle rinnovabili”. È quanto sostiene Gianni Silvestrini, ricercatore, direttore scientifico del Kyoto Club.
“Da dopo la Conferenza sul clima di Parigi – aggiunge – non è stata detta una parola sulla necessaria accelerazione alle energie rinnovabili per ridurre le emissioni di gas inquinanti. E sabato Renzi sarà a New York per firmare l’accordo sul clima”.
Le parole di Renzi nella conferenza stampa post voto sono state dirette soprattutto alla minoranza del partito, secondo Silvestrini. “Ha detto che non è una vittoria del governo e se l’è presa con i presidenti delle regioni. È stato invece molto attento alle ragioni di chi ha votato sì”.
Il referendum ha avuto anche il merito di accendere i fari sull’“anomalia italiana” in termini di politiche energetiche. Per esempio, sulle royalty: pari al 10 per cento per la terraferma e il 7 per cento per quelle in mare. In più “ci sono piattaforme nell’Adriatico che andrebbero chiuse”, aggiunge Silvestrini.
La discussione del referendum ha costretto Matteo Renzi ha parlare di nuovo della green energy. E ha dato un obiettivo: entro il 2018 – fine mandato – raggiungere il 50 per cento di energia prodotta da fonti rinnovabili. “Impossibile arrivarci – commenta Silvestrini – ma noi saremmo contenti anche solo se si prefiggesse l’obiettivo per il 2025″.
C’è poi una balla da svelare messa in circolo dal presidente del Consiglio: gli oltre 10 mila posti di lavoro collegati alle trivelle. “I sindacati dicono non più di qualche centinaio per le piattaforme sotto le 12 miglia”, dice. In Paesi come la Germania si è aperto un dibattito importante per la decarbonizzazione totale dell’energia. E i posti di lavoro recuperabili, potenzialmente, sono molti di più.
Ascolta l’intervista a cura di Michele Migone