Quello iraniano non è un popolo di terroristi, come dice il presidente americano Donald Trump, ma un popolo di rivoluzionari. Lo dimostra la storia del Novecento, un secolo attraversato da tre rivoluzioni: quella costituzionale del 1906, la nazionalizzazione del petrolio con il premier Mossadeq nel 1951 e la rivoluzione islamica del 1979.
Non sempre dall’esito felice, queste rivoluzioni hanno avuto un impatto decisivo per tutto il Medio Oriente, motivo per cui i paesi della regione dovrebbero fare attenzione ad augurarsi il crollo della Repubblica islamica.
Le manifestazioni in corso in Iran sono state scatenate da fattori economici, a cui si è aggiunta la protesta politica contro l’establishment moderato e conservatore, entrambi responsabili della mala gestione del paese.
Sono le proteste più ampie dal 2009, ma dire che si tratta di una rivoluzione è prematuro, anche perché non hanno un leader.
Resta da vedere se gli americani hanno qualche personaggio da tirare fuori dal cappello, come fecero con l’Ayatollah Khomeini, che nel 1978 fu prelevato dall’Iraq e portato a Parigi, dove diventò noto a livello internazionale, per poi sfuggire di mano ai suoi stessi burattinai.