È l’11 febbraio 2016, a Washington D.C. e vicino a Pisa, gli astrofisici della collaborazione LIGO ed (Ego) VIRGO, annunciano di aver rilevato delle onde gravitazionali.
Sono arrivate il 14 settembre scorso, sul computer di un post-doc trentenne di Padova, Marco Drago della collaborazione LIGO, che lavora all’istituto Max Planck a Hannover. Come migliaia di altri ricercatori in una trentina di paesi, riceve dagli USA i dati degli interferometri gemelli in Louisiana e nel Washington, di norma si tratta di rumore di fondo, invece, uno così, non l’aveva mai visto.
Branle-bas de combat anche per i ricercatori di VIRGO, l’interferometro chiuso per l’upgrade. Calcola, ricalcola, sarà mica uno scherzo? Un bug nei programmi? Un doppio scontro fra due Tir prima in Louisiana e una frazione di secondo dopo nel Washington, a decine di chilometri dai due interferometri di LIGO? No, per una mini frazione di secondo lo spazio-tempo terrestre s’è effettivamente compresso. Ma chi è stato?
La risposta ufficiale di LIGO e VIRGO è sulle Phys. Rev. Lett. in open access. Seguiranno altri articoli, anche sull’Astrophysical Journal.
Da qualche parte dietro la Grande Nube di Magellano, 1,3 miliardi di anni-luce fa, un buco nero con 36 volte la massa del Sole e uno di 29 masse solari si sono scontrati e fusi creando un unico buco di 62 masse solari. Non 65: la differenza è l’energia emessa in onde gravitazionali, un tonfo seguito da ondulazioni. Tipo un sasso lanciato in uno stagno.
Bella doppietta: uno scontro tra buchi neri non s’era mai visto prima, né s’era mai udito il cirp di un’onda gravitazionale.
Ma cosa sono le onde gravitazionali?
Sono increspature nella trama dello spazio-tempo che si propagano nell’universo alla velocità della luce. Sono diverse dalle onde radio o luminose, dai raggi X o gamma emessi da oggetti celesti: non “viaggiano” nello spazio-tempo così come, dopo il tonfo del sasso, l’acqua non va da nessuna parte: è lo stagno. Era questa l’idea rivoluzionaria (tra le altre) nella teoria della relatività generale che Einstein completava proprio nel 1916, con l’aiuto di Karl Schwarzchild.
L’incontro tra buchi neri, legati da orbita reciproca che si restringe in una spirale sempre più stretta ed accelerata, doveva per forza emettere anche onde G, aveva calcolato Schwarzchild (appena prima di morire, era tornato da poco, malatissimo, dal fronte orientale.) Quei buchi erano un esempio del tutto virtuale: non credeva alla loro esistenza come lo stesso Einstein che pure aveva dei dubbi sulle onde gravitazionali.
Dopo la scoperta nel 1974 delle due pulsar in reciproca spirale, le onde G erano diventate una certezza matematica. Restava da progettare strumenti così precisi – e isolati dai tonfi locali – da poterle rilevare. Nessuno si aspettava che le osservasse la prima versione di LIGO e di VIRGO entrata in funzione nel decennio scorso: quegli interferometri erano degli esperimenti atti a capirne i limiti, per poi superarli, nelle versioni 2.0.
Le Oche hanno dedicato un’intera puntata all’argomento, intervistando Carlo Bradaschia, Monica Colpi e Massimiliano Razzano.
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