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Le geometrie variabili del Pd

Il Pd partito a geometria variabile. Alleanze e formule diverse città per città.

Matteo Renzi prende atto che ci sono dinamiche locali su cui non gli conviene forzare troppo. E allo stesso tempo si prepara a utilizzare le amministrative 2016 per sperimentare nelle urne diverse formule politiche.

Questo lo scenario che potrebbe realizzarsi alla fine della moratoria sulla discussione pubblica attorno alle primarie chiesta da Renzi.

A Napoli tutti hanno smentito l’ipotesi che il Nuovo Centrodestra di Alfano partecipi alle primarie. Ma in una città dove l’ex sindaco Bassolino, sgradito a Renzi e sostenuto invece dalle minoranze interne, secondo un sondaggio avrebbe il gradimento di oltre il 70% dei militanti, una alleanza centrista, magari dopo che fosse stabilita la candidatura, potrebbe servire da contrappeso politico.

Avvicinandosi la data di scadenza delle presentazioni delle candidature alle primarie, sono diventate palesi due dinamiche: il riverberarsi sulle amministrative degli sviluppi politici nazionali e l’influenza dei centri di potere periferici.

Roma e Milano sono gli altri due casi “di scuola”.

A Roma è un caos. Il partito è tutt’altro che pacificato dopo lo scandalo di “mafia capitale”, dopo l’azzeramento dei vertici e la nomina del commissario.

Il governo ha investito 200 milioni di euro per il Giubileo, soldi che danno a Renzi un peso specifico ancora più grande nel determinare il futuro della città. A sinistra, Fassina e Vendola annunciano che staranno fuori dal centrosinistra ma non chiudono tutte le porte. Perfino Ignazio Marino sta lavorando per capire se ci siano le condizioni per una sua ricandidatura. Meglio aspettare quindi e al momento la soluzione migliore nella testa di Renzi è quella di un tecnico ad alta caratura politica. Un profilo cui si deve ora aggiungere un volto, in grado mettere tutti nelle condizioni di non potere dire di no.

A Milano invece si va verso la riproposizione del centrosinistra nella configurazione ambrosiana. E questo nonostante Renzi avesse in mente un modello del tutto diverso: l’efficienza di un manager gradito anche a destra, epitome di un ipotetico “partito della nazione“, contro la Milano del centrosinistra civico, la cui anima è il sindaco uscente, Giuliano Pisapia.

Nei prossimi giorni Renzi e Pisapia faranno il punto della situazione.  Il sindaco sarà a Roma martedì, con lui forse la sua vice Francesca Balzani che Pisapia sponsorizza in nome della continuità. Renzi ha tentato di imporre il nome dell’ex commissario di Expo, Giuseppe Sala ma il manager è scomparso dai radar per molti giorni, salvo tornare per polemizzare: “l’opzione meno divisiva è quella di Pisapia”.

Radio Popolare ha scritto nei giorni scorsi che Pisapia potrebbe tornare a prendere in considerazione l’ipotesi di ricandidarsi. Tra i collaboratori del sindaco nelle ultime ore è stata tracciata la figura di una persona in grado di garantire la continuità della giunta.

Potrebbe essere come dicevamo l’assessore Francesca Balzani.

Ciò detto, Renzi a Milano alla fine potrebbe rinunciare a Sala se la coalizione che ha sostenuto Pisapia in questi anni mostrasse di essere nelle condizioni di continuare a lavorare assieme attorno a un nome gradito a tutti; soprattutto se, in caso contrario, lo scenario fosse quello di una spaccatura tale da mettere a rischio la vittoria.

Per venire incontro alle richieste di tutte le componenti del centrosinistra, per il momento, Renzi si avvia a concedere a Milano una deroga sulla data delle primarie.

Un compromesso accettabile da tutti sarebbe uno slittamento della data iniziale del 7 febbraio alla fine del mese, e non al 20 marzo come nel resto del Paese.

  • Autore articolo
    Luigi Ambrosio
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