Il giorno dopo l’attentato davanti al parlamento britannico le domande sulle nuove strategie del terrorismo d’ispirazione islamista, se di questo si tratta, rimangono ancora senza risposta.
Nelle ultime 24 ore la polizia ha fatto diverse perquisizioni: a Londra, a Birmingham – dove è stata noleggiata la vettura utilizzata nell’attacco – in altre zone dell’Inghilterra, anche in Galles. Otto persone sono state arrestate. Non è ancora chiaro se per presunti legami con l’attentatore.
Quest’ultimo si chiamava Khalid Masood, aveva 52 anni, ed era nato nel Kent. Come ha detto anche il primo ministro, Theresa May, in parlamento si trattava di un cittadino britannico noto ai servizi di sicurezza, ma non considerato un personaggio ad alto rischio. Non era mai stato indagato per presunti attacchi terroristici.
Come era già successo per gli ultimi attentati in Europa – Berlino e Nizza – l’Isis ha rivendicato l’attacco a Westminster. Lo Stato Islamico ha scritto che l’attentatore era un suo soldato, che ha risposto all’appello di attaccare i Paesi che partecipano alla campagna militare contro l’organizzazione in Iraq e in Siria.
Non ci sono elementi, al momento, per ipotizzare però un legame diretto tra l’Isis e l’attentatore di Londra.
Le parole di Theresa May aggiungono ovviamente altri dubbi. Il fatto che l’attentatore fosse noto ai servizi ma che non venisse considerato una minaccia, ma una figura marginale, fa sorgere più di un dubbio sull’operato della sicurezza britannica. Secondo alcuni analisti britannici si tratta però di una situazione più che prevedibile. Secondo la radiotelevisione britannica, Bbc, negli ultimi quattro anni sarebbero stati sventati diversi attacchi di questo tipo, almeno 13. E nella maggior parte dei casi la natura dei possibili attacchi era molto simile a quella dell’attentato di ieri.
Gli attentati organizzati da una vasta rete criminale, con uno o più ordigni esplosivi – per esempio gli attacchi sempre a Londra del 2005 – sono ormai sempre più rari. E per i servizi si tratta di dinamiche che si possono prevedere e anticipare. Gli attacchi più grezzi, come quello di ieri, sono invece ancora molto difficili da bloccare.
Curioso e significativo che l’attentato di Londra sia arrivato in concomitanza con la riunione della Coalizione Globale contro l’Isis a Washington. Il dipartimento di Stato ha ospitato ieri decine di ministri provenienti da 68 Paesi. La campagna militare in Iraq e in Siria sta lentamente portando alla sconfitta militare dello Stato Islamico.
In Iraq le truppe irachene sono dentro Mosul, in Siria i vertici dell’Isis si sarebbero già spostati da Raqqa, la capitale del Califfato sempre più sotto pressione.
Il punto è che la sconfitta militare non vuol dire anche sconfitta politica. In Iraq e in Siria, seppur in evidente difficoltà, l’Isis sta facendo sempre più ricorso agli attentati. Ed è probabile che sarà così ancora per lungo tempo, almeno fino a quando gli attori locali non risolveranno i tanti problemi politici, sociali, di convivenza e discriminazione.
La campagna militare non ha poi eliminato i simpatizzanti all’estero e nemmeno gli improbabili soldati occidentali, come l’attentatore di Londra.