
Nell’ottobre 2021 ventiquattro calciatrici in Venezuela avevano deciso di rompere il silenzio e denunciare. Una di loro raccontò di aver subito abusi sessuali da quando aveva 14 anni. Le altre di essere state vittime di molestie fisiche e violenze psicologiche. Tutte e ventiquattro, insieme, indicavano un unico responsabile: il commissario tecnico Kenneth Zseremeta, che fino al 2017 era stato allenatore della Nazionale under-20 e responsabile delle squadre giovanili del Venezuela.
Nei giorni scorsi, dopo quasi tre anni e mezzo, il Tribunale arbitrale dello sport di Losanna, il Tas, ha confermato la condanna che la Commissione etica della Federcalcio venezuelana gli aveva già inflitto: divieto di allenare qualunque squadra nel Paese e di partecipare a qualunque attività calcistica per i prossimi vent’anni.
Nei giorni scorsi, dopo quasi tre anni e mezzo, il Tribunale arbitrale dello sport di Losanna, il Tas, ha confermato la condanna che la Commissione etica della Federcalcio venezuelana gli aveva già inflitto: divieto di allenare qualunque squadra nel Paese e di partecipare a qualunque attività calcistica per i prossimi vent’anni.
Zseremèta aveva fatto ricorso in appello contro la decisione della Federazione venezuelana. Per questo le denunce delle calciatrici sono state portate davanti al Tribunale internazionale. La sua linea difensiva si basava su un totale ribaltamento delle accuse: lui era stato vittima di una cospirazione da parte delle calciatrici, coalizzate contro di lui. Una tesi che è stata smontata. Mentre le atlete venezuelane cercavano però di rompere il silenzio attorno alle violenze che avevano subito, Zseremeta continuava ad allenare. All’epoca delle denunce era il ct della Repubblica Dominicana. Per questo, ora, il prossimo passo dichiarato della Federcalcio venezuelana sarà quello di far riconoscere e adottare la sentenza del Tas dalla Federazione calcistica internazionale, dalla Fifa, in modo che la sospensione per vent’anni di Zseremeta venga estesa a livello globale e lui non possa partecipare ad attività calcistiche non solo in Venezuela ma ovunque.
La magistratura ha da tempo aperto un’indagine penale che però deve ancora fare il suo corso. Violenza maschile sulle donne, abuso di potere di un allenatore che usa la sua posizione dominante per prevaricare delle giovani atlete. Quel che è successo alle ventiquattro calciatrici delle giovanili venezuelane è un caso che sembra racchiudere molte delle dinamiche più classiche e terrificanti che possano accadere attorno a un terreno di gioco o in uno spogliatoio. Dinamiche che nessuna può spezzare da sola. La sorellanza tra le vittime e gli incoraggiamenti dall’esterno in questi casi possono fare molto. Aiuti in questo senso sono arrivati da quella che, fino a pochi mesi fa, era l’allenatrice della Nazionale under-20, la palermitana Pamela Conti, e dalla calciatrice più conosciuta del Paese.
L’attaccante e capitana della Nazionale maggiore, Deyna Castellanos, quando è stata confermata la sentenza, ha ribadito il suo sostegno con un post sui social: “Grazie al coraggio delle mie compagne di squadra che hanno alzato la voce, il calcio femminile ora è un posto un po’ più sicuro”.
La magistratura ha da tempo aperto un’indagine penale che però deve ancora fare il suo corso. Violenza maschile sulle donne, abuso di potere di un allenatore che usa la sua posizione dominante per prevaricare delle giovani atlete. Quel che è successo alle ventiquattro calciatrici delle giovanili venezuelane è un caso che sembra racchiudere molte delle dinamiche più classiche e terrificanti che possano accadere attorno a un terreno di gioco o in uno spogliatoio. Dinamiche che nessuna può spezzare da sola. La sorellanza tra le vittime e gli incoraggiamenti dall’esterno in questi casi possono fare molto. Aiuti in questo senso sono arrivati da quella che, fino a pochi mesi fa, era l’allenatrice della Nazionale under-20, la palermitana Pamela Conti, e dalla calciatrice più conosciuta del Paese.
L’attaccante e capitana della Nazionale maggiore, Deyna Castellanos, quando è stata confermata la sentenza, ha ribadito il suo sostegno con un post sui social: “Grazie al coraggio delle mie compagne di squadra che hanno alzato la voce, il calcio femminile ora è un posto un po’ più sicuro”.