Uno degli Stati più ricchi del mondo che confisca ai richiedenti asilo i loro soldi, prima di concedere loro protezione. E se decide che ne hanno diritto, chiede loro di “ripagarsi” l’asilo a rate, come se restituissero un mutuo. Accade in Svizzera, e non da oggi. Come ha spiegato la portavoce della Segreteria di Stato della migrazione, l’organismo nazionale che si occupa delle richieste d’asilo, la legge prevede da anni che a chi presenta le pratiche nei centri vengano sequestrati i beni di valore superiore ai mille franchi svizzeri, equivalenti a poco più di 900 euro.
La norma prevede la possibilità di perquisire i migranti per verificare che non nascondano denaro o preziosi. Si salvano gli oggetti di valore affettivo come fedi nuziali, medaglie o ritratti di famiglia. Al richiedente protezione internazionale viene consegnata una ricevuta, e se entro sette mesi deciderà di lasciare volontariamente il Paese potrà riavere indietro quanto confiscato, diversamente la cifra verrà incamerata come contributo per coprire i costi delle procedure d’asilo – ha rivelato la portavoce alla Radiotelevisione svizzera di lingua tedesca. Nel 2015 le autorità svizzere hanno sequestrato circa 210mila euro a 112 migranti.
La legge, che contiene una proposta simile a quella recente del governo danese, è in vigore dal 1992, nel silenzio generale. Se ne parla oggi perché il tema delle migrazioni è diventato massiccio e oggetto di polemica politica. Ma c’è di più. Qualora il richiedente asilo ottenga la protezione internazionale, dovrà versare un contributo. Il diritto a risiedere in Svizzera costerà fino a 15mila franchi, circa 13.700 euro. Una cifra che dovrà essere versata a rate del 10 per cento del proprio reddito per dieci anni.
Ma tutto questo è possibile o la Svizzera infrange qualche norma internazionale?
Anche se il Paese non fa parte dell’Unione europa, ha sottoscritto la Convenzione di Dublino con un accordo con l’Ue. “Fermo restando che questa notizia sorprende tutti e dovremmo vedere i testi per commentarla adeguatamente”, ci ha detto Gianfranco Schiavone, giurista dell’Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione) e presidente del Cir (Consorzio italiano di solidarietà), “è previsto dalla direttiva europea sull’accoglienza che il richiedente asilo possa compartecipare alle spese per l’accoglienza qualora disponga di mezzi”.
Grave e “stupefacente” invece, “immaginare che qualora si ottenga il diritto d’asilo si configuri una sorta di risarcimento danno”, commenta ancora Schiavone. “Un risarcimento spese ex post da parte del rifugiato è una cosa che ha dell’incredibile oltre che moralmente inaccettabile perché la direttiva prevede che gli Stati siano obbligati a provvedere a realizzare misure per l’integrazione sociale dei rifugiati riconosciuti, quindi a impegnare delle risorse, e non immagina forme di restituzione. Che chi fugge da una guerra o una persecuzione sia obbligato a ripagare a rate un diritto previsto dalle convezioni internazionali rappresenta “uno scenario surreale”.
Ascolta qui l’intervista a Gianfranco Schiavone